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Lavoro sottopagato? Al sud esiste ancora

Domenico Modola di Domenico Modola
28 Agosto 2021
in Tempi Moderni
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Lavoro sottopagato? Al sud esiste ancora
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Il mondo del lavoro e le situazioni di sfruttamento. La retorica dei giovani che non vogliono lavorare, regge ancora. Sui social, ma anche su alcune tv e giornali impazzano le denunce di imprenditori che non riuscirebbero a trovare lavoratori da assumere. Già peccato che quelle denunce non evidenziano mai quali siano le condizioni in cui il lavoratore dovrebbe svolgere la propria attività e, soprattutto a quali condizioni economiche. Lavoro grigio, lavoro nero, sfruttamento e lavoro sottopagato, sono una prassi consolidata. Noi abbiamo raccolto la storia di Orazio, che sui social ha denunciato le condizioni di lavoro in cui ha lavorato per 10 giorni.

Dieci giorni di lavoro: 100 euro

Questa è la denuncia di un giovane delle nostre zone, Orazio, il quale ha usato Facebook per mostrare la propria indignazione:

“Se scrivo questo post è perché oggi quel limite è andato oltre.Oltre la dignità umana. Oltre la volontà di un giovane di “imparare”. Oltre la volontà di “farsi le ossa” e di fare Curriculum.Quello che allego è il compenso di 10 giorni di lavoro (in nero, ovviamente).Lavoro che prevedeva orari da 10 ore al giorno (in media) (dal lunedì al sabato).Lascio fare a voi i conti, per calcolarne la paga oraria.Questa è la situazione lavorativa qui.Tenetelo a mente la prossima volta che dite che i “giovani” non hanno voglia di lavorare”.

Un messaggio forte: la foto che accompagna il testo ritrae la ricevuta del pagamento e due banconote da 50 euro, un ritratto quantomai eloquente. Un compenso pari a 10 euro al giorno, circa 1 euro all’ora. Una situazione oramai fin troppo diffusa, che attinge linfa vitale dai giovani in cerca di occupazione. Tra i commenti al post, oltre all’ovvio sostegno di amici e conoscenti del giovane, vi è anche un invito, praticamente unanime alla denuncia per questo tipo di trattamento.

Il contesto lavorativo

Quanto accaduto ad Orazio non rappresenta affatto una novità dalle nostre parti, quanto piuttosto, una prassi che va consolidandosi con il tempo. Tutto è partito da un annuncio di lavoro su internet a cui Orazio ha risposto candidandosi. Il colloquio però non sarebbe stato molto chiaro. Il giovane, addetto alla logistica ed alla pubblicità online presso un’azienda attiva nel settore edilizia, era stato sottoposto a turni di 10 ore dal lunedì al venerdì e di 7 ore al sabato, per un totale di 57 ore totali da trascorrere sul posto di lavoro. La paga pattuita era di 500 euro, con la promessa di una futura assunzione: un classico. Inoltre, stando alle dichiarazioni di Orazio, il luogo in cui ha lavorato era caratterizzato da spazi angusti e polverosi, compreso anche quello in cui, con altri colleghi, consumava il pasto durante la pausa pranzo.

Rabbia e amarezza

Il post di Orazio, affidato a Facebook, è un post di denuncia, ma è anche contornato da un tono amaro, fatto di tanta delusione. Si tratta della delusione, ormai diffusa dalle nostre parti, per le aspettative che si creano quando si supera la selezione per un posto di lavoro, per poi imbattersi in sfruttamento, lavoro sottopagato e contesti lavorativi inospitali. La storia di Orazio è quella di migliaia di altri giovani, ma l’aspetto positivo sta nel denunciare questo contesto. Dice proprio così: “tenetelo a mente la prossima volta che dite che i giovani non hanno voglia di lavorare”. Affermazione amara e rabbiosa allo stesso tempo, che rappresenta la considerazine che si ha dei giovani di oggi, figli di una crisi che li ha travolti. Una crisi che economica che ha avuto risvolti in termini di diritti del lavoro, in quanto negli ultimi anni, la precarietà è aumentata, mentre le situazioni di sfruttamento e lavoro nero, si sono quintuplicate.

Cosa bisogna fare? Avere coraggio

Orazio non ha resistito a quelle condizioni di lavoro. Dopo 10 giorni in un contesto difficile, con orari pesanti per soli 500 euro al mese (promessi), ha deciso di lasciare quel lavoro e chiedere il compenso per il suo servizio. Da quel momento è iniziata un’altra battaglia per ottenere il suo corrispettivo in danaro, battaglia che si è conclusa pochi giorni fa con la ricezione dei 100 euro, la cui foto è stata diffusa dallo stesso giovane su Facebook. La cosa giusta da fare è avere il coraggio: il coraggio di dire no allo sfruttamento, no alle paghe a nero e no ai luoghi di lavoro inadatti. Il coraggio di denunciare e di non voler essere sfruttati. Il coraggio di un giovane come Orazio, di cercare lavoro proprio qui, nel vesuviano, nel posto in cui vive, senza dover fare chilometri per cercare un posto di lavoro dignitoso. Un lavoro fatto la cui paga sia adeguata, i cui locali siano salubri ed i cui orari siano sostenibili, è un diritto che spetta ad ogni essere umano. Il diritto al lavoro è un diritto fondamentale dell’uomo, e deve essere anche adeguato. Certo, perchè non è vero che i giovani non hanno voglia di lavorare: i giovani non hanno voglia di essere sfruttati; è diverso.

Tags: diritto al lavorolavorolavoro nerosfruttamento
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