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Ripensare il lavoro in funzione del cambiamento climatico

Domenico Modola di Domenico Modola
22 Luglio 2023
in Culture resistenti, Impronte migranti, Impronte solidali, L'altro mondo possibile, Tempi Moderni
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Ripensare il lavoro in funzione del cambiamento climatico
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Il cambiamento climatico e le sue conseguenze sono una realtà sotto gli occhi di tutti. Le temperature record di questi giorni hanno ripercussioni su tutti gli aspetti della vita sociale, ma in particolar modo sui lavoratori. Urge un ripensamento del mondo del lavoro, anche con provvedimenti estremi.

Giorni bollenti in giro per il mondo. Gli Stati Uniti hanno registrato una temperatura record di 54 gradi, mentre in Europa il record è detenuto ancora una volta dalla Sicilia con picchi di 46 gradi circa. Allo stesso tempo però, non sono mancati fenomeni climatici del tutto opposti come quelli che stanno interessando Lombardia e Veneto, con incredibili grandinate, nubifragi e temporali di dimensioni imponenti. Insomma il cambiamento climatico è ormai evidente. In Italia sicuramente c’è l’emergenza caldo: temperature altissime e tassi d’umidità altrettanto elevati. Un caldo così estremo è un pericolo per le persone fragili, ma anche per una categoria mai presa in considerazione: i lavoratori.

Allarme caldo: record di decessi sul lavoro

L’Italia detiene il record negativo per decessi a causa del caldo nel 2022: 18.000 su 61.000 totali in Europa. Molti di questi decessi si sono verificati sul lavoro, a causa di temperature troppo elevate e condizioni di lavoro estreme. Il 2023 non sembra andare meglio. Pochi giorni fa si sono registrate altre tre vittime del caldo: due lavoratori a Brescia e uno nelle Marche. I lavoratori maggiormente a rischio sono quelli che lavorano all’aperto: gli operai nei cantieri edili e stradali, ma anche i braccianti agricoli, spesso migranti, per non parlare dei lavoratori in fabbrica e i riders del delivery.

Istituzioni sorde

Un caldo così estremo ha imposto una serie di riflessioni sulla necessità di adeguare il mondo del lavoro, soprattutto quello all’aperto, alle nuove imprevedibili condizioni climatiche. Sono anni che si registrano decessi sui posti di lavoro; decessi talvolta evitabili se, ai lavoratori stessi venissero garantiti ristoro, pause adeguate, luoghi al fresco e carichi di lavoro dignitosi. Cose che sovente non si riscontrano, ma che vengono fuori solo dopo l’avvenuta tragedia, quando si aprono le inchieste.

Le condizioni di lavoro: i braccianti

Le parti sociali e i movimenti di lavoratori e braccianti, nonchè i sindacati e i partiti della vera sinistra, segnalano da anni le condizioni disumane in cui vengono costretti a lavorare certi lavoratori. Se parliamo del bracciantato, si tratta di un lavoro prossimo alla schiavitù, in cui i lavoratori sono spesso migranti, in condizioni di vita precaria, costretti quindi ad accettare quel che capita. Molti hanno denunciato che la giornata di lavoro, anche in estate, inizia alle 7, perchè il padrone magari, non ha voglia di svegliarsi prima. I migranti vengono caricati su furgoni fatiscenti e condotti in campagna a lavorare. Il sole scotta e le temperature raggiungono anche 40°. Una sola ora di pausa e si finisce il tutto per le 16 del pomeriggio: tutto per 30-35 euro giornalieri.

I cantieri

Il lavoro sui cantieri forse si svolge in condizioni migliori, almeno sotto il profilo del riconoscimento contrattuale. Forse chi ci lavora ha un contratto e delle garanzie. Ma spesso, quei contratti, anche regolari, prevedono paghe da 5,6,7 euro lordi l’ora, che commisurati alla quantità di lavoro e paragonati a quelle che sono le reali esigenze di un nucleo familiare medio italiano, sono ben al di sotto della soglia di dignità. Un lavoro quello dei cantieri, siano essi stradali o edili, che espone gli operai ad un caldo asfissiante, dovuto anche alla presenza di materiali come l’asfalto e il cemento che impediscono ogni sorta di refrigerio.

Ministero del lavoro: verità o ipocrisia

Alla luce del conclamato allarme caldo, la Ministra del Lavoro Maria Elvira Calderone ha aperto un tavolo di discussione con le parti sociali per discutere di ipotesi per fronteggiare il problema caldo applicato al mondo del lavoro. Al Ministero sono state ascoltate le varie parti sociali, ma conoscendo il punto di vista di questo governo a trazione imprenditoriale e confindustriale, è facile pensare che le soluzioni che emergeranno non saranno davvero adeguate alle esigenze di chi lavora. Il dubbio sorge per 3 motivi fondamentali:

  • Qualora venisse adottata qualche misura anti-caldo, questa riguarderà tutti i lavoratori? Anche quelli a nero? Anche i braccianti agricoli stranieri che vengono caricati su furgoni fatiscenti alle 7 del mattino perché di alzarsi prima, il padrone non ne vuole sapere? difficile.
  • Questo governo rappresenta gli imprenditori. Proprio quelli che stanno evitando in tutti i modi il sollevamento di qualche ipotesi di riforma del lavoro che possa sottrarre loro qualche centesimo in più. Per comprendere, basti pensare che tra le ipotesi anti-caldo, c’era quella di far lavorare gli operai di notte, ma molti imprenditori hanno eretto barricate, sostenendo che questo avrebbe comportato un costo eccessivo per loro. Per la serie: un operaio che muore sul cantiere non è un problema, ma qualche euro in più da pagare in tasse certo che lo è.
  • L’ipocrisia ha sforato la comicità nelle ipotesi della Ministra Calderone. Infatti pare che tra le misure pensate per fronteggiare il problema caldo, ci sia nientepopodimeno che lo smart working. Una misura interessante, ma che interesserebbe chi lavora già in ambienti chiusi e utilizzando computer. Una dichiarazione che sarebbe comica, se non fosse per il fatto che non si capisce come, questa misura possa evitare le morti sul lavoro a causa del caldo nei cantieri e nelle campagne.

Cambiamento climatico e lavoro: negazionismo di stato

Il cambiamento climatico sta portando ondate di calore estremo. Ondate che secondo gli scienziati saranno sempre più frequenti e lunghe nei prossimi anni. Nonostante tutto ciò sia verificato da anni di studi e di dati raccolti, nonostante il dato più importante sia la realtà dei fatti, c’è chi nega persino l’esistenza del fenomeno. Si potrebbe parlare persino di un vero e proprio negazionismo del cambiamento climatico. In realtà le ragioni per cui lo si nega sono puramente economiche e politiche. La negazione del fenomeno in Italia è tipica di quella parte del paese che detiene ruoli di potere, in politica, imprenditoria e informazione. Il problema del caldo sul lavoro e le conseguenze che il clima ha su alcuni settori lavorativi viene così sminuita da chi ha interesse a non cambiare le cose, e i mezzi d’informazione diffondono quel tipo di idea, assolutamente confutabile dai soli fatti.

La realtà: ripensare il lavoro in funzione del cambiamento climatico

Se i tempi cambiano il mondo del lavoro vi si dovrebbe adeguare. Allo stesso modo, se il tempo, climatico, cambia, il lavoro dovrebbe adeguarsi al cambiamento. Bisogna ripensare il lavoro: se le ondate di caldo saranno sempre più estreme, lunghe e imponenti, bisogna uscire dagli schemi e pensare a misure che consentano di lavorare in sicurezza. Per il resto serviranno misure nuove per consentire di sfuggire alle conseguenze del caldo estremo: magari prevedendo turni notturni o pause più lunghe.

Certo, per far sì che ciò si verifichi bisogna agire molto sulla cultura lavorativa di questo paese, basata molto sullo sfruttamento del lavoratore e sul lavorare a tutti i costi senza badare alle condizioni. Bisogna in primo luogo restituire dignità al lavoro e ai lavoratori, con paghe adeguate, sicurezza e tempo libero. Il cambiamento climatico è una realtà concreta e presto non ci sarà più tempo per adeguate contromisure. Bisogna agire ora per cambiare il mondo del lavoro e stare dalla parte della maggioranza di questo paese, i lavoratori che sudano, letteralmente, per portare soldi a casa.

Tags: cambiamento climaticoImpronte socialiimpronte solidalilavorotempi moderni
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