L’Italia con le mani sugli occhi: le 5 notti magiche fatte solo di musica e desideri
di Alessandra D’Ambrosio
Come ogni anno la venuta del festival di Sanremo porta con sé uno strascico di polemiche, un duetto inseparabile che non può certo mancare nella programmazione. Con gran sorpresa quest’anno nel mirino ci è finita la questione storica contemporanea e di come è stato fatto in modo che essa non entri nelle case degli italiani per quelle cinque magiche sere, come se si potesse chiudere il mondo fuori, semplicemente.
Nulla cambia. Anno nuovo, vecchia storia
La conduzione della settantacinquesima edizione del Festival di Sanremo è stata affidata a Carlo Conti, nome noto nell’ambiente della televisione italiana e che già in passato ha condotto l’evento, la programmazione del Festival seguirà una rotta un po’ diversa da quella delle altre edizioni. Il conduttore ha deciso infatti che tutto dovrà vertere sul sentimentalismo e sulla sfera emozionale, difatti la polemica che questa volta ha interessato il Festival riguarda proprio i temi raccontati attraverso le canzoni. Si canterà infatti di un “micromondo”, come è stato definito dallo stesso Conti, che ha scelto di portare in gara canzoni che rappresentano la sfera più intima e soggettiva dell’individuo, gli amori, la famiglia.
La scelta: l’io al primo posto mentre il mondo alle spalle piange
«Non è vero che non parleremo di guerra, di migranti, di altri temi che riguardano il mondo attuale, non ci sarà alcuna censura. Potremo farlo in un altro modo, con gli ospiti, con approfondimenti» Queste le parole che sono state usate dal conduttore durante un’intervista, sapientemente adoperate per difendere la sua personale scelta musicale. La gara, si sa, verrà seguita da una buona parte degli italiani, come da tradizione ed il fatto stesso che si parli ormai di tradizione, la dice lunga sulla considerazione e sul peso che ha quest’evento in Italia. A questo punto è chiaro che l’intenzione è stata proprio quella di voler oscurare le grandi tematiche e le vicende storiche contemporanee.
Il risultato dovrebbe essere il mettere in scena un evento che porti spensieratezza nelle case degli italiani, che li protegga dai “mali del mondo” e che faccia risplendere l’importanza dell’individuo.
Il corso della storia non si ferma durante il festival
L’individuo però è completamente immerso nella storia contemporanea ne è anzi parte integrante, e con le proprie azioni, positive o negative, la plasma, giorno dopo giorno. Il voler “lasciar fuori” il popolo italiano dai fatti contemporanei, facendo in modo che durante il festival non si parli di conflitti, immigrazione, politiche devastanti, è qualcosa di innaturale. Inoltre, è bene ricordare che è proprio grazie alle politiche moderne che le distanze globali si sono accorciate e hanno fatto in modo che si parlasse di una popolazione mondiale, unita nella stessa storia.
Il tentativo di celare le intenzioni
Il programma e la scaletta del Festival sono stati resi pubblici così come le parole di Carlo Conti che afferma “meglio un ospite in meno e due, tre canzoni in più”, allora chi ci sarà per parlare, affrontare le tematiche sociali, storiche? Evidentemente nessuno, e non ci sarà nessuno che rappresenterà il popolo e le sue fragilità economiche, sociali e politiche. Festival della canzone italiana, si, però l’evento sarebbe stato un valiso mezzo per poter arrivare all’ascolto di quanti più cittadini possibili, di diversi ceti sociali, che hanno tutti gli stessi diritti e gli stessi doveri morali nei confronti del mondo, del proprio Paese e che vanno protetti e svegliati.
L’arrivo della consapevolezza
Allora l’unica cosa che resta da fare è mettersi l’anima in pace? Considerare amaramente il Festival come lo specchio di un’Italia, la cui politica si sta centralizzando, stringendo su sé stessa come un serpente che asfissia la sua preda, una politica che sta alzando delle barriere di separazione, senza il consenso dei cittadini. Il Festival è un’arma a doppio taglio, potrebbe essere un mezzo di comunicazione efficiente, convincente ma l’unica cosa che emerge è che, in fin dei conti, è soltanto un’arma, un veicolo di una propaganda silenziosa, un sonnifero.