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Francia: i motivi della rabbia delle periferie

Redazione di Redazione
18 Luglio 2023
in Culture resistenti, Impronte solidali, Tempi Moderni
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Francia: i motivi della rabbia delle periferie
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In questi giorni, la Francia è infiammata per l’uccisione da parte della polizia francese  di Nahel , un diciassettenne assassinato vicino Parigi durante un fermo della polizia mentre era alla guida di una macchina. “ Le banlieue” sono esplose: rivolte, scontri e violenze si ripetono in tutta la Francia e riaprono il dibattito sul ricorso alla violenza da parte delle forze dell’ordine e sulle leggi che lo regolano.

Riceviamo e pubblichiamo, articolo a cura di Yasmine Zarrouk

La morte di Nahel: ragazzo innocente

Le proteste che da circa una settimana agitano la Francia sono nate in seguito alla morte di Nahel, il ragazzo di 17 anni ucciso da un agente di polizia a Nanterre, nella periferia di Parigi. Nahel, di etnia franco-algerina , aveva 17 anni e frequentava una scuola per elettricisti. Oltre a studiare, lavorava anche come fattorino di una pizzeria.

Mounia , la madre, ha detto: Mi hanno portato via il mio bambino, lui aveva ancora bisogno di me” e  mentre partecipa alle proteste, ha lanciato un’accusa: «Hanno visto un ragazzo nordafricano e l’hanno voluto ammazzare>>. La sua rabbia era rivolta ,esclusivamente, al poliziotto che ha esploso il colpo e ha chiesto, infatti, che le manifestazioni restassero pacifiche. Oggi la nonna della vittima ha lanciato un nuovo appello: «Voi che state facendo danni: fermatevi. Voglio che la violenza finisca, ovunque». Una dimostrazione della rabbia che cova nelle banlieue, rabbia che si è  trasformata in vandalismo con negozi saccheggiati, vetrine sfondate  anche nel cuore di Parigi.

Corteo bianco

La giornata era iniziata con la marcia di Nanterre. Alla testa del corteo la mamma di Nahel, Mounia, in piedi su un furconcino. “Giustizia per Nahel” è scritto sulla maglietta bianca. Sul camion, in piedi, c’è anche Assa Traoré, figura della lotta contro la violenza delle forze dell’ordine da quando, nel 2016, suo fratello, Adama Traoré, muore a soli ventiquattro anni durante un arresto. “Quando marciamo per uno marciamo per tutti”, grida da un microfono. La giovane donna originaria del Mali tiene infatti a ricordare che, poche settimane fa, un altro ragazzo di diciannove anni, Alhoussein Camara, è morto in un contesto simile a quello di Nahel, vicino alla città di Angoulême.

Anche in questo caso, l’agente di polizia è indagato per omicidio volontario. Dopo appena un’ora la gente si disperde, i primi cassonetti vengono incendiati, la polizia comincia a lanciare lacrimogeni. Dopo la notte di mercoledì, in cui il livello di violenza è ulteriormente aumentato, alcuni piccoli comuni hanno già deciso ieri sera di vietare la circolazione a partire dalle 21.

Stato di emergenza per la Francia

La portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, Ravina Shamdasani, ha chiesto alla Francia di “affrontare seriamente i profondi problemi di razzismo e di discriminazione razziale tra le forze dell’ordine”, mentre in Patria diversi politici di  destra chiedono l’instaurazione dello stato di emergenza. La sera dell’omicidio, Emmanuel Macron ha definito «inspiegabile e ingiustificabile» la morte di Nahel, ma ha invitato i cittadini alla calma. In queste ore, comunque, si discute della possibilità di proclamare lo stato di emergenza per la prima volta dal 2005  ma  il governo ha scartato questa ipotesi anche se  Macron ha già  convocato per due volte la «cellula di crisi» del ministero dell’Interno.

Il razzismo che domina ancora il mondo

«Noi che abbiamo genitori nati in Algeria, in Marocco, in Egitto o in Tunisia non veniamo mai considerati francesi e basta. Ma sempre mezzi francesi o francesi africani, ecco cosa produce disastri. Questa  è discriminazione, questo è  razzismo. Tutti lo sanno che, se sei un francese di origini arabe le possibilità di essere controllato dalla polizia sono superiori ad un cittadino nativo francese. La morte di Nahel è il frutto di questa cultura discriminatoria».  E’ stato dato un significato alla sua morte:Era solo un giovane, un maleducato, un fuggiasco, un delinquente, un recidivo, una feccia. Tale depenalizzazione del crimine commesso contro Nahel rivela la violenza con cui, in Francia, gli uomini razzializzati appartenenti a gruppi di classe operaia o sottoperaia  vengono espulsi dalla comunità umana, cioè dalla comunità morale. Vivere la vita di un uomo arabo, di un uomo di colore, in una Francia strutturalmente razzializzata, significa vivere a bruciapelo con la morte

Tags: culture resistentiImpronte socialiimpronte solidali
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