Nel 1987 le Nazioni Unite lo riconobbero come uno dei più influenti difensori della natura, con il premio Global 500. Chico Mendes fu un difensore della foresta, strenuo lottatore per la tutela dell’Amazzonia, proprio per questo ucciso il 22 dicembre 1988.
A trent’anni dalla sua uccisione da parte dei latifondisti brasiliani, Chico Mendes resta una bandiera dell’ecologismo mondiale. Un difensore della foresta amazzonica, un sindacalista a difesa dei lavoratori sfruttati dai latifondisti brasiliani, un irriducibile portavoce dei diritti degli indios dell’Amazzonia che il disboscamento selvaggio minaccia di far scomparire come popolazione. Il 22 dicembre 1988, Chico Mendes venne assassinato da Darly Alves da Silva, un proprietario terriero.

Darly da Silva venne condannato, nel dicembre del 1990 come mandante dell’omicidio di Chico Mendes e suo figlio, Darci da Silva, venne indicato dagli inquirenti come esecutore materiale. I due Rancheros vennero condannati a 19 anni.
Chico Mendes era un “seringueiro” (un estrattore di caucciù): lavorava alla estrazione della gomma naturale dall’albero Hevea brasiliensis, nella Foresta Amazzonica.
Quando iniziò l’aggressivo disboscamento delle foreste delle Amazzoni da parte di latifondisti (per l’agricoltura estensiva) e di allevatori alla ricerca continua di nuovi pascoli, ma anche per il commercio senza regole di legname pregiato.
Chico Mendes aveva una diversa concezione dell’Amazzonia: vede una natura in simbiosi con l’uomo e di crescere insieme armonicamente. Intensa è stata la sua battaglia per fermare la deforestazione e lo sfruttamento del grande patrimonio verde del sud America. Una battaglia che Mendes ha fatto anche per tutti noi essendo quel patrimonio verde uno dei polmoni del nostro pianeta. Formò un’unione di seringueiros e creò delle vere e proprie riserve estrattive gestite da comunità locali. Compagni di lotta, al suo fianco, furono i contadini, gli indios, i sindacalisti, gran parte della chiesa latino-americana e tanti politici. Un esercito di guardiani in lotta per proteggere un luogo non può e non deve avere padroni, essendo uno dei più grandi patrimoni dell’umanità.