Il 1° febbraio 1945 rappresenta uno storico traguardo per i diritti delle donne e per l’evoluzione del nostro paese. Il decreto n.23 emesso dal governo di Ivanoe Bonomi, estese il suffragio alle donne, rendendolo effettivamente universale. Il voto alle donne rappresenta uno dei primi passi verso la parità di genere, ancora da raggiungere sul piano dei diritti. Il decreto, comunque, presentava alcune differenze con il diritto di voto attuale: l’età minima per accedere al voto, era di 21 anni, mentre alcune categorie come le prostitute erano escluse da tale diritto. Un percorso in direzione della completa emancipazione femminile, che ha nel voto alle donne un punto di svolta importante.
Ovviamente, questa innovazione, tanto caldeggiata prima della Seconda Guerra Mondiale e resa effettiva solo con il governo provvisorio di Bonomi, portò grandi progressi per le donne. Donne che ormai da molti anni contribuivano attivamente alla crescita sociale e culturale del paese e che ambivano solo ad ottenere il meritato spazio nella società. Il voto alle donne, previsto dal decreto Bonomi, tuttavia, non significò subito il cambiamento davvero importante. Per avere la piena partecipazione femminile, all’elettorato attivo, ma anche a quello passivo le donne dovettero attendere un altro decreto, del 1946, grazie al quale poterono ambire a cariche pubbliche, candidarsi negli organi istituzionali ed entrare a far parte a pieno titolo della politica italiana.
Le donne, furono chiamate praticamente subito a decidere sulla svolta decisiva per il paese in epoca post-bellica. Il 2 giugno 1946 infatti, il popolo italiano fu chiamato alle urne per scegliere tra Monarchia e Repubblica, ed eleggere l’Assemblea Costituente che avrebbe dato vita alla Costituzione italiana. La Costituente fu composta da elementi appartenenti a tutti i partiti che, seppur in differente misura, si posero in opposizione al fascismo o combatterono contro l’occupazione nazista. Tra gli eletti figurarono 21 donne che rappresentarono il necessario cambiamento in funzione della parità di genere. Quattro di esse, Maria Federici, Angela Gotelli, Nilde Jotti, Teresa Noce, Lina Merlin, faranno parte della Commissione per la Costituzione, incaricata di scrivere la Costituzione, individuandone i principi fondamentali.
Il voto alle donne, la possibilità delle stesse di candidarsi, essere elette ed assumere incarichi pubblici, venne iscritto così nella Costituzione, quel documento che rappresenta una fonte primaria per il nostro ordinamento giuridico. Questi aspetti vennero iscritti nell’Art. 51, che recita “Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge”.
Le donne poterono così votare ed essere votate. Si ebbero le prime donne sindaco ed una presenza consolidata in Parlamento. Oggi si parla ancora, a pieno titolo dei diritti delle donne, spesso lontani dal pieno riconoscimento. Ci sono ancora cariche istituzionali e politiche che, ad oltre 70 anni di distanza, non sono mai stati ricoperti da figure femminili. Ci sono inoltre ancora stigmi che emergono, quali strascichi di un patriarcato che ha fatto il suo tempo, mettendo in cattiva luce quelle donne che si sono battute e si battono per i diritti e per costruire un mondo migliore. Dalle suffragette alle politiche attuali, qualcosa è sicuramente cambiato sul fronte della parità di genere. Ma oggi per una donna risulta ancora più complicato emergere e, gli squallidi ritorni di fiamma che vogliono ancora le donne, rappresentate come madri e mogli, non fanno che acuire queste difficoltà.