In Polonia è tutto pronto per la mobilitazione nazionale. La rabbia delle donne contro la legge anti-aborto rinforzata da una sentenza del Tribunale Costituzionale emessa il 27 gennaio, esplode per le strade di Varsavia. La protesta infiamma le fredde notti polacche in questo mese di gennaio. Una legge che limita al minimo gli aborti legali, atta a configurarsi come una delle più restrittive d’Europa, ha generato il malcontento che spacca l’opinione pubblica. Il tutto ha luogo nell’ancestrale dibattito tra le convinzioni di matrice religiosa e i principali aspetti del diritto naturale. Quella delle donne polacche, è una protesta che non conosce battute d’arresto: dal 22 ottobre, praticamente ininterrotta, tiene banco nelle piazze del paese. In quella data erano state imposte delle limitazioni per l’accesso all’aborto.
La sentenza del Tribunale è la chiara esplicitazione di quelle che sono le convenzioni della destra ultra-cattolica polacca: omofoba, anti-immigrazione e anti-abortista. Un provvedimento preso sulla base di questo tipo di convinzioni ma che non tiene conto delle istanze delle donne, del loro benessere psicologico e fisico. Con la legge anti-aborto, non si tiene conto delle patologie del feto, e delle gravidanze travagliate che mettono a repentaglio la vita stessa. Tra l’altro, la legge, non considera un aspetto per nulla secondario: gli aborti clandestini. Infatti, se una legge vieta gli aborti, non è detto che nel paese non si abortisca e nessun medico pratichi l’aborto. Sembra infatti, che gli aborti illegali siano già una realtà e, sicuramente tale legge non farà altro che acuire il fenomeno. Conseguenze? maggiori rischi per la donna gravida, esposta presumibilmente a condizioni igienico-sanitarie non ottimali, ma anche alla possibilità di essere perseguita penalmente, ai sensi della succitata legge. Conseguenze che, ovviamente, si estendono anche ai medici che dovessero aiutare le donne ad abortire: 3 anni minimo di reclusione.
Le donne scese in piazza temono che lo stato attuale delle cose, non sia altro che il lasciapassare per un divieto totale del diritto all’aborto. Sembra probabile infatti, che la legge anti-aborto potrebbe estendersi, vietando alle donne, di abortire anche in caso di stupro o incesto. Per le donne polacche sarà quindi più complicato, o quasi impossibile rimuovere una gravidanza quale segno di una violenza sessuale subita: anche in Polonia, il numero di donne vittime di stupro raggiunge cifre preoccupanti; consentire alla donna vittima di violenze di decidere cosa fare del frutto di una gravidanza non voluta, è sintomo di uno stato di diritto. Un diritto che, attualmente sembra essere venuto meno dalle parti di Varsavia. Le associazioni ed i gruppi scesi in piazza, denunciano l’iter procedurale che ha dato vita alla legge, la quale sarebbe frutto di speculazioni puramente politiche.
La legge bolla infatti, come anticostituzionale la pratica abortiva per gravi malformazioni fetali. L’istanza delle donne in piazza mette in campo la protesta perché la legge vieta l’aborto anche in caso di conseguenze letali per la partoriente. Secondo le statistiche però, il dato che fornisce l’idea della matrice politica alla base della legge è evidente ed allarmante: dei circa 2000 aborti legali applicati in media ogni anno in Polonia, il 96% era motivato da gravi problemi, malformazioni fetali e rischi di serie conseguenze per la donna gravida.
Purtroppo, se da un lato ci sono donne che protestano, dall’altro c’è la forza di polizia che reagisce con violenza e con arresti sommari dei manifestanti (anche uomini) scesi in piazza. Centinaia di attivisti vengono arrestati e denunciati, ma sembra che il governo stia lavorando anche su questo fronte: rendere più severi i periodi di detenzione per protesta. E non solo: le attiviste subiscono pressioni, intimidazioni e spesso sono subissate dalla macchina del fango, predisposta ad hoc, per gettare discredito sulla causa della protesta. Per quanto riguarda la mobilitazione, si stanno raggiungendo livelli di partecipazione senza precedenti, nonostante le restrizioni della pandemia. Da tutto il paese i manifestanti si riversano a Varsavia, portando con sé anche altre istanze ancora vive: femministe, anti-sovranisti, LGBT, movimenti universitari. Allo stesso tempo però, nella Capitale si stanno dirigendo anche ingenti schieramenti di forze dell’ordine.
L’istanza dei movimenti scesi in piazza si rende decisamente legittima sulla base dei diritti che verrebbero negati dalla legge anti-aborto. Altrettanto legittime sono le preoccupazioni di ulteriori limitazioni al diritto all’aborto. Essendo la sentenza che ha dato il via libera alla legge, il frutto di un percorso politico della destra cattolica, non è impossibile che questo sia solo il primo passo verso il divieto totale. Vietare gli aborti non impedisce la clandestinità degli stessi ed i rischi che ne derivano. Ciò che preoccupa è la ritrosia dei medici negli ospedali polacchi a praticare gli aborti, anche quelli ancora leciti per la legge. La speculazione non apporterà infatti nessun beneficio alla condizione delle donne polacche, né tantomeno migliorerà le condizioni di una procedura legittima per diritto naturale.