di Marcello De Martino Rosaroll
Dopo la pubblicazione del suo racconto La Migrante, vincitore del Premio Melagrana 2019, lo scrittore Marcello De Martino Rosaroll inizia una collaborazione costante con Impronte Sociali con la rubrica Invisibili, raccolta di storie e di racconti.
IL CIELO AZZURRO DEL SUD
1) Vincenzo.
Vincenzo aveva avuto una vita difficile. Aveva fatto molti errori. Errori, poi! Dove era nato lui, in quel paesino del Napoletano, che neanche guarda il mare, ma la pianura che si stende fino a Sarno, a Nocera, cresciuto come l’erba cattiva, alle pendici del Vesuvio, dando le spalle al grande Gigante dormiente che, prima o poi, si sveglierà e chissà cosa combinerà , in quel paesino assolato, con un grande cielo sulla testa, quasi sempre azzurro, dove era nato lui, era facile commettere certi errori, se non avevi la fortuna di nascere nella famiglia giusta, quella che ti fa studiare, quella dove il pranzo e la cena non sono un problema, quella dove, almeno l’essenziale non manca, magari con qualche sacrificio.
Per Vincenzo no, non era stato così: lui era nato dalla parte sbagliata; il padre era morto giovane, cadendo da un’impalcatura, mentre lavorava da irregolare e la madre aveva fatto di tutto per tirare avanti con cinque figli, persino la prostituta, pur di dare da mangiare a lui ed ai fratelli. Così, per Vincenzo, fare un po’ il bullo, giusto per essere rispettato nel clan degli amici e temuto in quello dei nemici, qualche furtarello per uscire il sabato con la ragazza, per poi arrivare, crescendo, anche a cose più grosse, come lo spaccio, a Napoli, dietro un muro davanti ad un liceo, per lui queste cose erano state la scuola.
Vincenzo era finito dentro. Ma poiché in prigione si incontrano raramente anime buone che ti aiutano a cambiare e, invece, più spesso, balordi con maggiore esperienza criminale della tua, è facile finire in un vortice nel quale non puoi più capire cosa è bene e cosa è male, cosa è prepotenza e cosa è autodifesa, cosa è giusto e cosa è profondamente sbagliato. Cosa è, ad esempio, un omicidio.
Vincenzo aveva attraversato una vita bucata, dura, fatta di paura di sbagliare, di non essere all’altezza, di timore di essere schierato dal lato dei perdenti, di esibizioni di forza, di prepotenza, di disprezzo di chiunque non facesse parte del gruppo, della tribù. Anche, naturalmente, di maschilismo. Sì, perché essere “macho” era una regola di base, nel suo mondo rovesciato, per poter avere una credibilità , un ruolo riconosciuto nel gruppo.
Anche con sua moglie Anna, che Vincenzo aveva veramente amato, si era sempre dimostrato aspro, tranne nei momenti di intimità , proprio per dimostrare agli altri, agli “amici”, quanto fosse forte, chi comandava in casa; per questo, l’aveva sempre tenuta in disparte ed allo scuro dei suoi traffici. Fino a quando Anna era morta per un linfoma, forse causato dai veleni che lui stesso aveva contribuito a portare, dalle industrie del Nord, nel sottosuolo di quelle terre.
Vincenzo si era trovato solo, a 52 anni e, lentamente, un po’ per volta, aveva cominciato a lasciarsi andare. Solo fisicamente, però, ché tutto il marcio della sua vita continuava a scavargli dentro un malessere continuo, un disagio, accompagnato da sentimenti di rivalsa, astio verso tutto e tutti, un menefreghismo verso il prossimo, pari solo alla sua immensa solitudine ed alla eterna paura di apparire un debole.
Ed era invecchiato, sempre piĂą solo, sempre piĂą acciaccato.
Ora che di anni ne aveva settantasei, il fisico lo aveva quasi abbandonato: gli anni di prigione, le botte prese (e date) durante le risse, i rimorsi che scacciava via, ma che lo corrodevano dall’interno, senza che neanche se ne rendesse conto, tutto questo si faceva sentire sulla salute, oltre che sull’umore sempre pessimo e rancoroso … Vincenzo, oramai, aveva bisogno di sostegno per muoversi, di qualcuno che cucinasse per lui, persino di qualcuno che lo aiutasse a lavarsi ed a vestirsi. Ma forse, più di tutto, avrebbe avuto bisogno di qualcuno che gli volesse, veramente, anche soltanto un filo di bene. Denaro ne aveva poco, quel tanto che gli passava ancora il clan; una specie di piccola pensione del malaffare che la malavita gli assicurava in ricordo dei suoi servizi. E poi siccome quel denaro era in nero, era arrivato anche il Reddito di Cittadinanza. Così aveva deciso di trovarsi una badante. Una di quelle donne straniere, Moldave, o di uno di quei paesi asiatici che lui neanche sapeva dove fossero: una Filippina, di quelle da tenere in nero, per cinquecento euro al mese, più il vitto e la possibilità di dormire, in cucina, su una brandina di ferro.
A casa sua era arrivata Mahalia, cinquantadue anni, bruna nonostante l’età , dolce, paziente.
2) Mahalia
Piovuta in quel posto, dalle Filippine, non si sa bene come, Mahalia aveva lasciato, nella sua isola, il cuore e la famiglia di origine, le tradizioni e gli amici, ma anche la povertà , la fame, una disperazione senza speranza che, quando, in aggiunta, un uragano aveva distrutto quel poco che aveva, lasciando lei e la famiglia senza neanche un riparo, l’aveva portata tanto lontana da casa. Di lei, si sa soltanto che, oltre ad avere un carattere dolce, che la spingeva ad aiutare gli altri, ella amava il mare, che, purtroppo, neanche si vedeva dal paese di Vincenzo; però, amava molto anche il cielo.
Ecco, il cielo di quel paesino del Sud Italia, diceva, rassomigliava tanto al cielo delle sue Filippine, sempre azzurro, sempre limpido, pieno di quella luce che non si trova facilmente in giro.
E quel amore per il cielo, quella sua dolce femminilità , un po’ esotica, anche se in un corpo non più giovanissimo, avevano significato qualcosa per Vincenzo.
Dire che se ne fosse innamorato, con un carattere tanto spigoloso ed egocentrico, come quello di Vincenzo, forse era troppo, però, sicuramente, Mahalia aveva risvegliato in lui, qualcosa, un desiderio di ascoltare, ma, soprattutto di raccontare, di farsi ascoltare; insomma, un’attrazione che Vincenzo non provava da anni.
Così aveva cominciato a corteggiarla.
Mahalia, in realtà , era sposata con un suo conterraneo, che faceva le pulizie in due o tre appartamenti a Napoli e con il quale, quindi, riusciva ad incontrarsi soltanto il martedì, giorno libero per entrambi e la domenica pomeriggio. Inoltre, aveva due figli e tanta nostalgia di loro: il maschio, di quasi trenta anni, lavorava in un ristorante a Londra, mentre la femmina, ventisei anni, era impiegata in uno studio commercialista a Milano.
La donna era molto legata al marito ed alla sua famiglia ed aveva un rispetto innato di sé stessa e delle tradizioni e non avrebbe mai fatto un torto al suo sposo. Però, era dolce ed arrendevole di carattere, così non riusciva a rigettare completamente le avances del suo ospite; la gentilezza che, anche per cultura e tradizione del suo popolo, la caratterizzava, le impediva di reagire bruscamente: le sarebbe sembrato scortese, offensivo, rispondergli male o fargli un gesto sgarbato. Così reagiva allontanandosi un poco, con un sorriso timido, ai complimenti verbali di Vincenzo, i quali, in verità , non durarono molto, perché l’uomo, per mancanza di cultura e sensibilità , per abitudine alla protervia, per diseducazione a qualsiasi sentimento, per assuefazione ad una solitudine interna che, in verità , lo aveva accompagnato tutta la vita, non era in grado di comprendere che ella, in realtà , desiderava ritrarsi dal suo invadente comportamento.
Anzi, Vincenzo, scambiando la timidezza della donna per una succube accettazione, passò presto ad atteggiamenti che andavano oltre i complimenti verbali. Vincenzo, insomma, cominciò anche ad allungare le mani.
Mahalia era sconcertata; a questi gesti, che lei viveva come un’offesa, rispondeva, però, con minore energia di quanto sarebbe stato necessario con un uomo come Vincenzo: saltava indietro e lo rimproverava, ma sempre con quella sua vocina sottile e dolce, che, all’uomo eccitato, sembravano una carezza, invece che un rimprovero.
Mahalia, inizialmente, non ne parlò con il marito; sapeva che anche se era, pure lui, di carattere poco aggressivo, non avrebbe sopportato di sapere che sua moglie si trovava costretta a subire tali angherie e voleva evitare che la situazione degenerasse, a causa dell’ira del marito. Lei pensava di poter tenere l’uomo a bada e che mai sarebbe arrivata al punto nel quale, invece, la situazione, purtroppo, finì per giungere.
Vincenzo si fece sempre più aggressivo, in un crescendo di comportamenti sempre peggiori, fino al giorno in cui lui, prima le chiese di baciarlo, poi, al rifiuto, questa volta deciso, di lei, le intimò di spogliarsi per lui.
Mahalia, a quel punto, capì: doveva lasciare Vincenzo e la casa. Non gli rispose, ma andò a raccogliere le sue poche cose, la foto della famiglia, con l’immagine dei figli ancora piccoli e di lei e del marito ancora giovani, l’abito con il quale usciva quando, il giovedì, si incontrava con il suo compagno e poco altro e mise tutto, velocemente, nella sua borsa da viaggio; si girò pronta, finalmente, a lasciare per sempre l’appartamento nel quale prestava la sua assistenza.
Sulla porta Vincenzo le sbarrava il passo.
Lei non poteva credere a ciò che vedeva, ma Vincenzo era davanti a lei ed impugnava un coltello da cucina, lo stesso coltello che lei stessa aveva usato tante volte, per cucinargli i suoi piatti.
– Dove credi di andare, Maria? – Lui la chiamava così, non con il suo nome esatto Mahalia.
– Vado via, Signore. Non posso piĂą esserti vicino. Non mi vedrai piĂą. Per favore, posa quel coltello, Signore!
– Tu non vai da nessuna parte, Maria. Tu fai quello che ti dico io. Spogliati!
– Signore, ti prego, abbassa quel coltello. Io ti voglio bene, ma non come pensi tu. Ti prego, abbassa quel coltello e lasciami andare via. Tornerò a trovarti, ma ora devo andare. Guarda, tremo, non riuscirei a fare nulla!
Vincenzo era, però, fuori di sé. Aveva deciso che quella donna avrebbe soggiaciuto ai suoi desideri, volente o, come gli era capitato con qualche ragazzina schizzinosa, negli anni in cui era stato giovane, nolente.
Si avvicinò a lei e le infilò una mano nello scollo dell’abito e tirò con tutte le forze che ancora aveva.
L’abito si strappò fino al petto.
Mahalia si ritrasse sorpresa e avvilita; poi vide, nella sua mente, nell’ordine, suo figlio, la figlia, il marito. Non poteva permettere che accadesse nulla. Doveva reagire, per loro, per la sua famiglia.
Lo spintonò, lo spinse via con tutte le sue forze, guadagnò il corridoio mentre Vincenzo sbatteva contro la parete della stanza.
Nella situazione di debolezza in cui si trovava, a quei tempi, sarebbe probabilmente caduto e non avrebbe avuto facilità a reagire, ma Vincenzo era attraversato da un flusso potente di adrenalina, che gli dava, in quel momento, quasi la forza dei suoi vent’anni. Riuscì a riprendersi, rincorrerla nel corridoio e, mentre la donna, attanagliata dal terrore, cercava disperatamente di aprire l’uscio di casa, Vincenzo la colpì.
La colpì alle spalle con il coltello da cucina, una, due, tre volte. Poi, mentre la donna perdeva forza e si accasciava, lentamente, sul pavimento, la colpì almeno altre tre volte, alla gola, sul petto, ad una spalla.
Mahalia si lasciò scivolare per terra. Tremava, perdeva lentamente contatto con la realtà , con la stessa velocità con la quale perdeva molto sangue.
Prima di morire, il suo cervello gentile le fece rivedere la figlia, il marito, il figlio piccolo che correva sulla spiaggia della sua isola, i suoi genitori che dolcemente la chiamavano. Infine, quel cielo azzurro che tanto amava e che si era portata nel cuore, direttamente dalla sua isola lontana. Poi si addormentò. Per sempre.
Quando i Carabinieri vennero per arrestarlo, trovarono Vincenzo seduto sulla poltrona della sua camera da letto. Il coltello giaceva per terra, da un lato del bracciolo.
Disse soltanto: – Lei non capiva. Lei mi voleva.
Autore Marcello De Martino Rosaroll (Diritti d’autore riservati)
Ciao Marcello
Complimenti , mi ha preso dalla prima parola all’ ultima e man mano mi è sembrato di essere presente e di poter intervenire per aiutare quella povera donna e anche lui.
Ho rivissuto l’ambiente e le persone del nostro Sud.
Noi siamo stati fortunati perché ,come dici giustamente, siamo nati e cresciuti dalla parte giusta.
Auguri di cuore per questa nuova avventura
Grazie Rosario. Sono felice che un pezzetto della nostra terra passi attraverso le mie parole. Anche se in un contesto che non vorremmo mai in nessun luogo e che, invece purtroppo, fa parte degli orrori del nostro Paese , da Nord a Sud!
Lettura scorrevole, ma soprattutto molto “delicata”: colpisce al “cuore”
Grazie Enrico. Il tuo commento ha un valore speciale!
Marcello, anche questa volta sei riuscito a ricreare il desiderio di arrivare in fondo al racconto per conoscerne la conclusione e di farmi vivere la vicenda come una spettatrice.
Bravo!!
Grazie Frida! Anche questo è un modo per ritrovarci vicini ed io sono felice che il racconto ti abbia accompagnato per qualche minuto!