Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, riunitosi ieri, ha votato una risoluzione che ordina il cessate il fuoco immediato a Gaza. Decisiva l’astensione degli Stati Uniti. Occhi puntati sulla reazione di Israele
Da quando Israele ha dato vita al genocidio del popolo palestinese, l’ONU si sta adoperando per promuovere il cessate il fuoco o il semplice ingresso degli aiuti umanitari. Tutti i tentativi sono andati in fumo fino ad ora: gli Stati Uniti, in qualità di fedeli alleati di Israele hanno esercitato il loro diritto di veto in ogni occasione, bloccando di fatto ogni decisione intrapresa dalla maggioranza delle Nazioni Unite. Ieri la svolta storica: per la prima volta gli Stati Uniti non mettono il veto e si astengono: la risoluzione che impone il cessate il fuoco immediato è approvata.
La risoluzione ONU
Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU si è riunito ieri 25 marzo per votare una risoluzione per il cessate il fuoco immediato sulla Striscia di Gaza. La risoluzione è temporanea e prevede lo stop alle violenze per tutto il resto del mese sacro di Ramadan, tra l’altro già in corso. Tra le altre cose, il testo indica anche il rilascio degli ostaggi israeliani che sarebbero detenuti da Hamas e l’ingresso regolare di aiuti umanitari nella Striscia. La votazione in seno al Consiglio di Sicurezza ha avuto un risultato storico:
- Stati a favore: 14
- Stati contrari: 0
- Stati astenuti: 1
Con questo risultato la risoluzione si ritiene approvata. Le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza sono vincolanti per tutti i membri ONU, i quali sono obbligati a rispettarle.
La decisione di Washington
La svolta decisiva è stata determinata dall’astensione degli Stati Uniti. Gli americani sono sempre stati l’alleato più fedele dei sionisti israeliani, quelli che hanno spalleggiato Israele in ogni crimine compiuto in Palestina da 75 anni a questa parte. Washington ha sempre offerto supporto economico, militare e politico a Tel-Aviv, rappresentando una garanzia e un pilastro su cui contare in sede ONU.
E gli Stati Uniti sono rimasti sempre fedeli a questo ruolo, anche negli ultimi 5 mesi, quando hanno posto il loro veto contro ogni proposta di risoluzione dell’ONU, anche quando si chiedeva semplicemente l‘ingresso di cibo e acqua nella Striscia di Gaza. Ieri però, le cose sono cambiate: Washington si è astenuta lasciando sola Israele, sola contro il suo insensato progetto di genocidio.
Le motivazioni che hanno spinto gli Stati Uniti ad astenersi però, non sono di certo umanitarie o filantropiche. Negli USA si vota a novembre e il malcontento degli americani è alle stelle. Riguardo la questione palestinese gli americani sono fortemente contrari alla linea tenuta finora dal governo Biden, e lo hanno dimostrato sfilando in milioni per le strade delle principali città americane con le bandiere palestinesi. Con un così alto dissenso, nessuno, repubblicano o democratico che sia, vuole rischiare di inimicarsi l’elettorato. L’astensione al Consiglio di Sicurezza è una semplice mossa di propaganda, per una campagna elettorale già avviata da tempo.
Reazioni a caldo nel mondo
L’approvazione di un cessate il fuoco immediato ha suscitato reazioni positive da parte di tutti i paesi. L’Iran ha fatto sapere che ritiene positiva la decisione, anche se non sufficiente. La Cina, per voce del suo Ministro degli Esteri Zhang Jun ha dichiarato che “questa risoluzione, se pienamente ed efficacemente attuata, potrebbe ancora portare la speranza tanto attesa”. Contento anche il Segretario Generale dell’ONU Antònio Gueterres, e messaggi di speranza sono arrivati anche dall’Alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza dell’UE, Josep Borrell, e dalla residente della Commissione UE, Ursula von der Leyen.
Anche l‘Autorità Nazionale Palestinese ha accolto con favore la risoluzione. Hamas invece si è detta disponibile a fare la sua parte nel rispettare la risoluzione e liberare gli ostaggi, ma chiede che il cessate il fuoco sia duraturo e che l’esercito israeliano lasci la Striscia di Gaza.
Israele su tutte le furie
Netanyahu è furioso. Non ha gradito per nulla la decisione del Consiglio di Sicurezza ed ha gradito ancora meno l’abbandono da parte degli americani. Tuttavia, la decisione di Washington di astenersi al voto era nell’aria. Netanyahu, consapevole dei rumors aveva già minacciato gli Stati Uniti di aprire una tensione diplomatica nel caso in cui non avessero bloccato la risoluzione. La minaccia consisteva nell’annullamento di alcuni incontri di diplomatici israeliani che avrebbero dovuto avere luogo a Washington.
Dopo i lavori di votazione, che impongono a Israele di cessare il fuoco, il premier israeliano ha contattato i suoi diplomatici USA ed annullato la visita con dei diplomatici israeliani di alto livello. Netanyahu non ha fatto mistero della motivazione di questo annullamento: è stato a causa del mancato esercizio del diritto di veto americano al Consiglio di Sicurezza ONU.
Che succede ora?
Dal punto di vista geopolitico succede qualcosa di inedito: Israele è sola. Il Consiglio di Sicurezza emette risoluzioni che sono vincolanti; questo vuol dire che lo stato cui è destinata è tenuto ad applicarla e tutti gli altri stati si devono adoperare affinché vengano rispettati i parametri della risoluzione. Israele potrebbe violare questa risoluzione e continuare a bombardare Gaza? Potrebbe succedere. In effetti già in passato ha violato delle risoluzioni, non sarebbe una novità. Tuttavia questa volta qualcosa di diverso c’è. Per la prima volta Israele non può contare su nessuno, nemmeno sullo storico alleato americano. Potrebbe continuare a sganciare bombe, ma con gli occhi di tutto il mondo su di sè, con la contrarietà di tutto l’ordine internazionale. Ora Netanyahu è messo alle strette.
Una boccata d’aria
Il cessate il fuoco proposto dall’ONU è temporaneo e dovrebbe durare per tutto il periodo che resta del Ramadan: due settimane circa. Una tregua breve, ma che rappresenta una boccata d’aria per la popolazione di Gaza e di Rafah, che ha visto morire 32.000 persone di cui oltre 12.000 bambini. Per quella popolazione che ogni giorno vive la fame, la sete e la mancanza di igiene; per gli ospedali bombardati e sotto pressione; per le organizzazioni umanitarie come Medici Senza Frontiere e l’UNRWA che hanno subito perdite umane impegnate ad aiutare gli altri. Per due settimane la popolazione potrà avere accesso agli aiuti umanitari e potrebbe allentarsi la presa. Nel frattempo, questa potrebbe essere l’occasione per trasformare le parole in fatti, portare ad una tregua duratura e ad una Palestina libera.