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Giustizia non giustiziati: sostegno alla protesta in Iran

Redazione di Redazione
23 Dicembre 2022
in Culture resistenti, Impronte solidali
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Giustizia non giustiziati: sostegno alla protesta in Iran

fonte: https://www.nextquotidiano.it/iran-internet-manifestazioni-morte-masha-amini/

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A seguito del 15 agosto, giorno in cui il presidente Ebrahim Raisi ha firmato un decreto dedicato all’abbigliamento femminile e una lunga lista di restrizioni, le proteste nel paese iraniano, Teheran, si sono riaccese in modo molto infuocato.

Riceviamo e pubblichiamo, articolo a cura di Chiara Esposito

Una panoramica generale: la situazione in Iran

L’Iran è una Repubblica Islamica, ciò comporta che il capo che guida questa repubblica non è un presidente eletto dal popolo ma bensì quello che loro chiamano “Guida Suprema”, uno l’ayatollah. Gli ayatollah sono degli Imàm (guide spirituali, come diremmo noi dei preti) che studiano la religione islamica e che possono predicarla. Ed è lui, la “Guida Suprema”  ed è lui a decidere le leggi che caratterizzano l’Iran  che sono particolarmente “rigide” nei confronti delle donne, tra queste leggi notiamo che le donne hanno l’obbligo di indossare il velo ovvero l’hijab, che copre interamente la testa e i capelli, non possono entrare negli stadi, non possono divorziare e non possono lasciare il paese a meno che non lo decida, o un uomo della famiglia o il marito. Nelle strade invece troviamo la cosiddetta “polizia morale” che si occupa di controllare che queste leggi vengano rispettate dalle donne.

Le proteste

Nel corso degli anni, soprattutto le donne, hanno cercato attraverso varie proteste di opporsi a queste leggi e avere nuovi diritti e libertà. Nel 2009 scesero nelle piazze della capitale gruppi di cittadini per contestare l’irregolare rielezione del presidente Mahmud Ahmadinejad, leader del movimento conservatore, che ha battuto il suo avversario Husein Mousavi, leader del movimento riformista. Il 13 giugno vennero resi noti i risultati delle elezioni dal ministero dell’Interno iraniano, che vedevano la vittoria di Ahmadinejad del 62,6% contro il 34% di Mousavi. Il candidato Mousavi a seguito delle sue promesse si dichiarò vincitore e chiese alla “Guida Suprema”, Ali Khamenei, di intervenire ricontando i voti ma quest’ultimi il 13 giugno tenne un discorso televisivo congratulandosi con Ahmadinejad. A seguito del discorso di Khamenei cominciarono le proteste dell’Onda verde, dal colore usato da Mousavi, che secondo il giornalista Borzou Daragahi sembrava più un colpo di stato.

Strade di sangue

Fin dall’inizio delle proteste dell’Onda verde del 2009, il regime rispose con violenza, la polizia e le milizie paramilitari Basij, create nel 1979, picchiarono, arrestarono e torturarono un gran numero di manifestanti, furono inoltre confermati una decida di morti tra cui Nada Agha-Soltan, una studentessa di filosofia, partecipava alla protesta contro l’esito delle elezioni in compagnia i un suo caro amico Hamid Panahi, fu sparata il 20 giugno del 2009 da uno dei membri del Basij, la sua morte colpisce i cittadini che la definiscono “Voce dell’Iran” dalla traduzione del suo nome, Nada = Voce. Nei mesi scorsi invece, al seguito della firma da parte del presidente Ebrahim del decreto che restringe ancora di più le condizioni della donna nella vita sociale iraniana, le proteste sono riprese grazie a Mahsa Amini picchiata a morte.

Le Donne e la protesta anticonformista

Dopo la morte di Mahsa Amini, ragazza di 22 anni fermata dalla polizia morale perché non indossava il velo e picchiata a morte, dopo la sua morte molti cittadini sia uomini che donne sono scesi nelle piazze per rendere giustizia nel nome della ragazza, centinaia di donne dell’età compresa dai 20 ai 25 anni sono scese in piazza hanno tolto il velo, tagliato i capelli e bruciato l’hijab. Il 25 settembre un’altra giovane ragazza è stata uccisa durante la protesta, “la ragazza con la coda” così la ricordano i cittadini, Nadith Najafi ragazza di 24 anni uccisa da sei colpi di pistola al volto e al collo per non aver indossato il velo in onore di Mahsa Amini. Di conseguenza a queste continue rivoluzioni una corte di Teheran ha incriminato e condannato a morte due uomini poiché la partecipazione alla protesta viene vista come offesa a Dio.

L’importanza dei social network

Le autorità hanno reagito a questo movimento interrompendo le comunicazioni e oscurando i canali nonostante stia avendo un ruolo fondamentale tra i più giovani l’uso dei vari social come Instagram, Tik Tok e Facebook. La morte di Nada Agha-Soltan, Mahsa Amini e Nadith Najafi sono arrivate a tutto il mondo grazie a questi canali di trasmissione. Ed è proprio grazie a questi canali di trasmissione che l’eco della protesta sta suscitando l’indignazione e le reazioni dell’opinione pubblica internazionale.

Tags: Impronte socialiiranlibertàproteste
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