Riceviamo e pubblichiamo, una toccante lettera a cura di Giovanni De Laurentis
Il 25 aprile il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella si recherà ad Acerra, città Medaglia D’Oro per la Resistenza. La città si ribellò ai nazisti, subendo la rappresaglia degli stessi. Più di recente, gli acerrani hanno vissuto la stagione dell’inquinamento e dello sversamento illecito di rifiuti con tutte le conseguenze annesse e connesse. Oggi la città vive una problematica comune ai comuni cosiddetti della Terra dei Fuochi. Proprio su questo punto si sofferma la riflessione di Giovanni De Laurentis, per la quale come Redazione, auspichiamo ci sia la massima diffusione.
Egregio Presidente Mattarella,
il 25 aprile Lei farà visita alla mia città, Acerra. Purtroppo non sarò presente. Pensi che proprio in quei giorni sarò invece a Roma per una visita da tempo programmata all’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù. Infatti, sono il papà di Giuseppe un bambino che ora ha 4 anni e che 2 anni fa ha dovuto combattere una terribile battaglia contro un linfoma. Caro Presidente, Giuseppe è un bambino coraggioso, lo è stato e lo sarà, anche a lui avrebbe fatto piacere salutarLa cantando magari “Bella Ciao” che spesso era la sua ninna nanna in quelle difficili notti su un letto di ospedale. Le sembrerà strano ma fin da piccolissimo io e la sua mamma stiamo cercando di insegnargli che i valori della Resistenza all’oppressione e la difesa di principi quali la libertà, l’uguaglianza, la solidarietà, vanno alimentati sempre e in tutti i modi possibili. Giuseppe ha già una piccola edizione per bambini della nostra Costituzione. Conosce bene, sulla sua pelle, il diritto sancitovi alla salute: un diritto che però gli può essere alienato in qualsiasi momento. Giuseppe, Le dicevo, è un bimbo coraggioso. Ad Acerra purtroppo sono tanti, troppi, i bambini anche piccolissimi che si ammalano di malattie tumorali. Il decorso della malattia di Giuseppe è ancora lungo, ma stiamo sulla buona strada. Non sempre è così, Presidente, e ad Acerra in questi anni ci sono anche bimbi che non ce l’hanno fatta. È terribile ma è così e nulla potrà mai consolare il dolore dei loro genitori.
Caro Presidente,
Le scrivo questa lettera e non so come farglieLa pervenire. Chissà magari se qualcuno lo farà al posto mio. Deve sapere che Le racconteranno che la nostra è una bella città, che il nostro è un territorio pieno di storia e pieno di potenzialità. È vero, è tutto vero, ma la nostra è anche una terra maledetta. Maledetti sono i criminali che l’hanno sventrata per poi riempirla di rifiuti; maledetti sono quelli che hanno chiuso un occhio, politici, forze addette ai controlli ma anche persone compiacenti, ignavi ed indifferenti; maledetti sono quelli che continuano ad offendere questa terra, a non fermare tutto e provare a capire quest’aria mefitica, questo veleno che ci scorre nelle vene, da cosa sia generato. Ospitiamo impianti industriali inquinanti, realizzati in spregio al principio di precauzione ed in deroga ad osservazioni ministeriali sulla loro pericolosità, parlo dell’Inceneritore, parlo di polveri sottili rilevate da centraline e parlo del fatto che nonostante questo, nonostante tutto, ancora c’è chi vuole aggiungere veleno a veleno, morte a morte, in nome del profitto e di un falso progresso che ci sta invece precipitando in pratiche autodistruttive. Si dice, a volte, che molto dipende dagli stili di vita. Lo si spieghi a Giuseppe e a tutti gli altri. Lo si dica a noi inermi genitori che abbiamo le orecchie bruciate dai loro pianti e la gola tagliata dai nostri, a noi che abbiamo conosciuto in vita che cosa sia realmente l’inferno.
Caro Presidente, aiuti questi bambini, aiuti la nostra terra. Chieda con la Sua autorevolezza che si faccia chiarezza, che si fermi tutto, che si studi la nostra aria, il nostro sangue, che si individuino responsabili ma soprattutto soluzioni.
Caro Presidente, Giuseppe, io, la sua mamma e il suo fratellino nato in quei mesi strazianti, il 25 aprile saremo a Roma e non potremo salutarLa. Vorremmo non tornarci più a Roma, almeno non per andare in un Ospedale. Ogni volta che ci andiamo a Giuseppe raccontiamo la storia del Gatto che aveva perso la coda e che per ritrovarla dovette andare in capo al mondo: fu così coraggioso, affrontando mille avventure, che alla fine gli diedero come premio una coda da tigre. Diciamo a Giuseppe che Roma è in capo al mondo e che prima o poi troveremo anche noi una coda da tigre. Speriamo sia così.
Buon 25 aprile
Giovanni De Laurentis
Un padre di un bambino oncologico