La Russia ha iniziato l’attacco all’Ucraina. Erano le 3.45 ora italiana quando le truppe russe hanno ufficialmente dato il via ad un’operazione su larga scala, comprendente lancio di missili e bombardamenti a tappeto. Tra gli obiettivi non solo le città lungo la linea di confine tra l’Ucraina e i territori delle autoproclamate repubbliche separatiste filorusse, ma anche su grandi città come Odessa, Leopoli (Lviv) e la capitale Kiev. Oltre agli obiettivi sensibili quali basi militari e depositi di armamenti sono stati colpiti anche edifici civili. Non si ha un numero certo delle vittime, ma di certo ci sono e sono tante.
Lo spettro di una nuova guerra
Quanto sta avvenendo può essere considerato un nuovo conflitto o l’inasprirsi di quanto già stava avvenendo nel Donbass da 8 anni, ossia da quando i territori delle autoproclamate repubbliche di Donestk e Lugansk, con la popolazione a maggioranza russofona, hanno dato vita ad un conflitto aspro proseguiti fino ai giorni scorsi, quando la situazione è gradualmente precipitata. Oggi la notizia dell’inasprimento del conflitto, mentre le diplomazie preparano le contromisure, non senza ripercussioni. Ciò che è certo è che le bombe che cadono sulle città ucraine in queste ore hanno portato alla fuga rocambolesca di decine di migliaia di persone dai grandi centri. Non si esclude che ben presto ci possano essere milioni di profughi a ridosso dell’Europa. Si pone dunque il problema umanitario, prima di tutto, che consiste nel cercare di individuare delle soluzioni, in primo luogo per scongiurare l’inutile perdita di vite umane.
Il ruolo della comunicazione
In queste ore, è facile essere vittime del panico che si genera in casi del genere. Per questo motivo il ruolo dei mezzi d’informazione è determinante, soprattutto per fornire un quadro completo ed oggettivo della situazione. Bisogna tenere al bando i sensazionalismi del caso; per questo l’augurio è che le testate giornalistiche non sfruttino il momento concitato per alimentare le paure, magari con articoli “acchiappa-click. Ricordare il ruolo dell’informazione, nei momenti di guerra è determinante. Non bisogna sminuire il ruolo che il giornalismo ha nella narrazione dei fatti e nella ricostruzione prossima degli eventi. Il ruolo fondamentale degli inviati sui luoghi di guerra, che cercano, tra mille ansie e palpabili paure, evidenti sin dal tono di voce, di raccontare le bombe che poco prima sono piovute a pochi km, è molto importante. Chi lavora nell’informazione ha l’importante compito di essere oggettivo e corretto. Mai dimenticarlo. Ovviamente ci si augura poi, che anche i lettori facciano la loro parte, informandosi correttamente e da più fonti. Solo così si riuscirà ad avere un quadro chiaro e super partes della vicenda. Attualmente i media nostrani si adoperano in una narrazione che esprime meramente il punto di vista occidentale. Sapere cosa si pensa dall’altra parte, può essere altresì interessante.
Non dimentichiamo le altre guerre
Quanto sta accadendo in Ucraina è davvero grave. Tuttavia questa gravità viene percepita in misura maggiore in Occidente perchè la stessa ha luogo a poche centinaia di km dalle porte europee dell’Est. Se analizziamo quanto sta accadendo da una prospettiva più cinica e analitica, quello ucraino potrebbe divenire l’ennesimo fronte di guerra presente nel mondo; al pari della Siria o dello Yemen, tanto per fare degli esempi, pur con le dovute differenze del caso. Da questo punto di vista è probabile però che lo stato attuale della situazione non precipiti, ma vada ridimensionandosi con il passare dei giorni, mentre a maggior ragione, si attendono le cancellerie europee che si interrogano sul da farsi.
L’impegno per la pace
Impegnarsi per la pace va oltre la semplice disquisizione geopolitica o analitica sui social. L’impegno deve andare nel senso di una prospettiva più “fisica” di promozione della pace e di tutela dei principi umanitari. Bisogna considerare, al di là delle congetture, che quando si muovono gli eserciti, chi ci perde è sempre la popolazione civile. Quella che oggi sta affollando le autostrade per scappare dalle città, e quella che si riversa in strada in preda a mille preoccupazioni. Snocciolare studi strategici, motivazioni storiche ed economiche va bene, ma non a titolo di giustificazione. Questo perchè chi paga il prezzo più caro è la gente comune. Ed il prezzo più alto lo pagano i più poveri. Non esiste nessun motivo al mondo, veramente valido, per sparare un solo colpo di pistola, né in Ucraina, né in Siria, né altrove. Non esiste un solo motivo valido per spendere miliardi di euro in armi, anziché investirli nel welfare, nella sanità o nell’istruzione. Come pacifisti ci auguriamo che le violenze in Ucraina finiscano, anche se auspichiamo da anni tale risultato, perché le violenze non sono iniziate ieri. Pacifisti perchè ci auguriamo che finiscano tutte le guerre nel mondo. Ricordiamo sempre che sono i popoli la cosa veramente importante, non le bandiere, non i confini, non gli stati. Ai popoli vittime di guerra, una sola raccomandazione: resistete!