L’iniziativa si chiama “luce sul teatro”. Tutte le luci dei teatri che da un anno sono chiusi al pubblico, eccezionalmente accese. Un gesto simbolico promosso dall’U.N.I.T.A. (Unione Nazionale Interpreti Teatro Audiovisivo) che ha visto coinvolti i direttori dei teatri, il personale che vi lavora (lavorava), ma anche il pubblico più affezionato. Le luci si sono accese la sera del 22 febbraio, ed hanno ricordato, per poche ore, che anche il teatro esiste. Luci accese per ricordare la cultura. Il gesto, un pò in tutte le città: dal teatro Mercadante di Napoli, al Donizetti di Bergamo, da Bologna a L’Aquila. La protesta pacifica e silenziosa dei lavoratori del teatro ha coinvolto l’intero paese.
Un anno senza teatro, significa un anno senza lavoro per attori, scenografi, sceneggiatori, costumisti, fonici. Il settore è in forte crisi e sono già in tanti, i lavoratori che hanno cambiato mestiere per sbarcare il lunario. Numerosi i gridi di protesta dei lavoratori, che si sono fatti sentire più volte, chiedendo di poter tornare a lavorare. Nella prima ondata pandemica, tutti hanno accettato la chiusura, ma la cultura, quale settore professionale, ha rivendicato più volte la propria dignità ed il proprio diritto a tornare all’opera. Il teatro e la cultura, con migliaia di addetti ai lavori di un settore indispensabile, nel sottolineare l’importanza del settore, chiedono al governo delle nuove aperture, che, garantiscono, saranno effettuate in sicurezza e nel rispetto delle norme.
Cresce la frustrazione; cresce la preoccupazione. Cresce anche la rabbia: sono molti i lavoratori che sottolineano come, si sia dato il via libera alle competizioni sportive professionistiche, dove per antonomasia vige il contatto fisico, mentre i teatri restano chiusi. Nel frattempo il gesto simbolico di accendere le luci ai teatri. Si chiede a gran voce che il governo Draghi smuova le acque e si indirizzi verso una progressiva riapertura di tutti i siti culturali. Il Ministro per i beni e le attività culturali, Dario Franceschini, starebbe studiando una soluzione per riaprire teatri e cinema. Quindi, la linea sembra essere quella auspicata dai lavoratori, ma al momento non sembra ci sia qualcosa di concreto in ballo.
I teatri, ma anche i cinema e le sale concerto, sono chiuse ormai da 365 giorni. Le norme anti-Covid imposero la chiusura il 22 febbraio 2020, pochi giorni prima del lockdown che tutti conosciamo. Da allora più nulla. Il settore artistico-culturale corre seri rischi di tracollo ed, eccezion fatta per musei e siti archeologici, di tanto in tanto aperti, si va incontro all’assenza totale di alternative culturali. Un’assenza pesante, di cui il pubblico potrebbe presto abituarsi, soppiantando teatri, cinema e concerti, con le più sterili piattaforme digitali di streaming. Un baratro culturale che non ci si può permettere.
Lavorare nel mondo dell’arte e della cultura in Italia, significa ancora inseguire un sogno. Un sogno fatto di precariato e sfruttamento. Il teatro poi, è quello che gode di minor considerazione in assoluto, sia dalle alte sfere autoritarie, sia dal pubblico. Opinione comune, sembra essere ancora quella che considera, i lavoratori dello spettacolo, come non veri lavoratori. La verità, invece è che dietro uno spettacolo teatrale, dietro un film al cinema, od un concerto, ci sono professionisti esperti ed appassionati, che hanno come strumento di lavoro la fantasia e la creatività, per realizzare un qualcosa che prima non c’era, per intrattenere il pubblico, ed accrescere la la proposta culturale del paese intero. La cultura è una necessità che si avverte ora. E non possiamo farne a meno.