La rubrica PAROLE del 1° marzo 2021, affronta il forte GAP tra il nostro Paese e la media europea nel percorso di autonomia della popolazione giovanile dalla famiglia di origine e per quanto riguarda l’indipendenza economica e logistica. Tante le condizioni alla base di questo divario e, prima tra tutte, la difficoltà occupazionale: ovvero, i bassi salari d’ingresso, la mancanza di posti di lavoro nell’industria manifatturiera (pur essendo la seconda potenza industriale europea, troppe sono le grandi aziende che trasferiscono lavorazioni presso altri stabilimenti all’estero, dove mano d’opera e condizioni generali d’impresa sono più economiche), le ridotte opportunità di lavoro per le giovani ed i giovani laureate/i che incrementano la fuga di cervelli verso paesi europei nei quali trovano migliori condizioni e opportunità occupazionali.

Come invertire la rotta di questa allarmante situazione che vede il nostro Paese – dice il filosofo e scrittore #RinoMalinconico – non un Paese per giovani? Sicuramente un serio e vero investimento nella scuola, nell’università e nella formazione nel suo complesso, ovvero in strutture (nuove e più adeguate), in docenti e nel personale di supporto; un’innalzamento dei salari minimi ed una reale parità salariale e lavorativa uomo/donna; ammortizzatori economici e sociali, per la popolazione non occupata e/o per i lavoratori che perdono il lavoro, tali da garantire una condizione di dignità e di continuità nella vita quotidiana personale e del proprio nucleo familiare in attesa di un ricollocamento lavorativo. Ma anche ripensare al modello lavorativo attuale con una reale e significativa riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario per tutti i comparti: lavorare 30 ore settimanali rappresenta una condizione possibile ed aprirebbe le porte anche ad una nuova crescita dell’occupazione; peraltro, in questo lungo anno di pandemia, si è dimostrato che la quasi totalità delle realtà lavorative del pubblico e del privato hanno fatto larghissimo ricorso allo smart working senza particolari difficoltà ne cali di produttività ed efficienza delle specifiche attività lavorative. Potenziare questo aspetto porterebbe le aziende ad una significativa riduzione dei costi strutturali che potrebbero andare tutti nella direzione di una riduzione dell’orario di lavoro, mantenendo la parità salariale. Che l’Italia forse non è un paese per giovani, è una domanda che dobbiamo porci tutti in modo serio, ma altrettanto seriamente dobbiamo chiedere, a partire dalla gestione del grande flusso economico dei fondi europei che la crisi pandemica ha messo in movimento, che l’investimento sia fatto su tre direttrici fondamentali: sanità, scuola/università/ricerca, lavoro.