Il 17 febbraio del 1600, in Campo de’ Fiori a Roma, veniva condannato a morte il filosofo, scrittore e frate domenicano Giordano Bruno. Accusato di eresia, venne prima incarcerato per 8 anni, poi arso vivo in pubblica piazza. Oggi, nell’esatto punto in cui fu eretta la pira per la sua condanna, c’è la sua statua, a simboleggiare la libertà di culto e d’opinione. Il suo pensiero, anti-dogmatico e razionale, si sposava poco e male con l’atteggiamento rigido e sanzionatorio della chiesa post riforma. All’epoca le istituzioni ecclesiastiche si fregiavano di un organo di controllo repressivo quale la Santa Inquisizione, che fungeva da tribunale, specie per fattispecie inerenti la fede religiosa.
Giordano Bruno, proveniente da Nola, nel Regno di Napoli era un frate dell’ordine di San Domenico, distintosi immediatamente per la sua curiosità e voglia di sapere. Ai testi canonici, affiancò anche testi ritenuti “eretici” dall’Inquisizione. Fece numerose esperienze come insegnante e studioso, tra Inghilterra, Germania, Francia. Ebbe modo di parlare ed insegnare nelle più prestigiose università di questi paesi, persino ad Oxford, dove venne ospitato. Fu poi attirato con l’inganno a Venezia, dove trovò la galera, in attesa che si facesse luce sulla sua condotta. Secondo molti era un mago, per altri era un eretico. Entrambi le accuse erano sufficienti nel ‘500 per la condanna a morte.
Ma cosa aveva fatto Giordano Bruno per ricevere tali accuse? parlò di teologia, ma soprattutto del concetto di verità. Egli sosteneva l’esistenza di una netta distinzione tra la verità filosofica e quella teologica. La verità si può raggiungere anche con la fede, ma questa, è di minore importanza rispetto a quella filosofica. Religione e filosofia potevano convivere: la religione serviva ad educare i popoli, mentre la filosofia non necessitava di alcun tipo di fede. Un punto di vista che indusse gli inquisitori a non condannarlo immediatamente, ma solo dopo 8 anni di carcere. Il fatto che Bruno non rinnegasse totalmente la fede, poteva essere un punto di partenza per una trattativa ed una possibile ritrattazione. Tuttavia il Nolano non rinnegò mai le sue posizioni, e se, da un lato si mostrò aperto a rivedere gli aspetti relativi alla fede, dall’altro respinse la proposta degli inquisitori di rivedere la propria morale filosofica.
Giordano Bruno preferì la condanna, pur di non rinnegare le sue convinzioni, frutto di anni di studio. Il pensiero bruniano, non fu laico, ma fu comunque spoglio di qualsiasi dogma imposto da autorità terrene, quali quelle ecclesiastiche. Al contrario del pensiero dominante dell’epoca egli teorizzò l’infinità dell’universo. Dio come causa dell’universo, quindi l’universo è infinito come Dio. Con questa concezione finì con il contestare apertamente la teoria geocentrica, che vedeva la Terra e l’uomo al centro di tutto. Secondo la sua convinzione, data l’infinità dell’universo, non era sensato parlare di un centro, e non era nemmeno da escludere la presenza di altri pianeti abitati. La sua concezione dell’Uomo, quale essere superiore, era altrettanto rivoluzionaria: l’uomo è superiore agli altri esseri viventi, non perché dotato di anima, ma perché è dotato di intelligenza e mani per completare le opere divine. Studiare i fenomeni della natura, per Giordano Bruno divenne qualcosa di imprescindibile. Una curiosità innata che lo spinse verso la conoscenza, ritenuta dal Nolano stesso, come la più alta aspirazione dell’uomo. Un’ambizione morbosa, definita “eroico furore”, in quanto simile alla passione amorosa per l’ardore che genera.
Le sue idee gli costarono la vita, quando il 17 febbraio del 1600 venne dato alle fiamme a Roma. Tuttavia, proprio da quelle idee, sorse lo stimolo, filosofico e scientifico, che ha forgiato il pensiero moderno. Filosofi come Schopenhauer, Leibniz, Schelling, furono molto influenzati dalle opere del Nolano. Qualche secolo dopo, poi, uno studioso come Charles Darwin, padre dell’Evoluzionismo, verificò, nell’ambito dei suoi studi, alcune delle teorie che Giordano Bruno aveva soltanto ipotizzato. Il pensiero bruniano, si può intendere come pioneristico, sulla base delle scoperte fatte da Darwin nel XIX secolo. Ancora, l’eredità di Giordano Bruno è caratterizzata da una presenza significativa delle sue opere, specie nel mondo accademico universitario. Realtà universitarie prestigiose come Oxford, dove il filosofo ha vissuto, gli tributano ancora oggi, tutti gli onori che merita.
Un pensiero controcorrente quello di Giordano Bruno. La sua figura rappresentò per le istituzioni dell’epoca, quello che oggi definiremmo un “intellettuale scomodo”. Gli intellettuali scomodi sono invisi alle autorità cui fanno la lotta; le stesse autorità, spesso dittatoriali, che fanno il possibile per mettere a tacere il pensatore. Qualcosa di simile fece anche l’Inquisizione con Bruno: prima della condanna al rogo, la sua lingua venne inchiodata al palato, affinché, il filosofo non potesse più parlare. Ad ogni modo Giordano Bruno è diventato un simbolo del libero pensiero e della libertà d’espressione. Immagine cardine del secolarismo d’inizio ‘900 e apripista del pensiero moderno. Egli non fu laico, ma fu un libero pensatore. Credeva che fosse l’essere umano stesso a detenere le redini della propria determinazione, e che non esistono limiti in questo. Proverbiale la sua affermazione: “Verrà un giorno che l’uomo si sveglierà dall’oblio e finalmente comprenderà chi è veramente e a chi ha ceduto le redini della sua esistenza, a una mente fallace, menzognera, che lo rende e lo tiene schiavo… l’uomo non ha limiti e quando un giorno se ne renderà conto, sarà libero anche qui in questo mondo“.