Che nessuno sia escluso in questo mondo!
Il vero vincitore in una competizione è colui che vive fino in fondo la gara sportiva, imparando anche ad accettare i limiti del proprio corpo, limiti che nel caso di Alex sono sopraggiunti alla giovane età di 35 anni, a seguito del terribile incidente nel 2001, che gli costò l’amputazione di entrambe le gambe.
Un futuro che avrebbe annichilito un Dio dell’Olimpo, ma non il mortale umano Alex le cui prime parole furono mi tremano le gambe, parole pronunciate riscattando ironicamente la sua nuova condizione di disabilità.
In un mondo, quello dello sport, dove rarissimi sono gli esempi di vicinanza e di solidarietà, sentimenti sacrificati all’altare della competizione più esasperata, Alex parla della persona atleta e della ricerca della sua umanità, ben oltre l’essere portatore di disabilità o del non esserlo.
Ognuno di noi ha un proprio potenziale, possiede un mazzo di carte che il destino ci ha dato in dote e che attraverso l’allenamento e la preparazione migliora ma quando la gara inizia, quando si gioca, dobbiamo essere consci del fatto che l’obiettivo è fare il nostro meglio, non ottenere il miglior risultato assoluto, ci ricorda Alex Zanardi.
Coerente, Alex ha cominciato a rialzarsi e proprio come un eroe della mitologia ha portato la sua disabilità in giro per il mondo, salendo sui podi più rappresentativi delle competizioni paraolimpiche: è diventato un’icona di normalità sportiva, ma lo è di esempio anche fuori dallo sport.
Personaggio amato ed ammirato nello sport quanto nella vita, come conduttore televisivo o paladino di progetti sociali che hanno aiutato a crescere la sensibilità sociale verso il mondo delle disabilità i cui portatori continuano ad essere figli di un dio minore, in quei contesti dove, fortunati, un dio seppur minore lo hanno.
L’immaginario collettivo ci porta a pensare gli atleti disabili come persone malate, ferme, immobili: ci arriva senza filtri la disabilità, la menomazione, il limite e non riusciamo a vedere la persona con il suo mondo di passione, di energia profusa in ogni azione della propria esistenza, con uno sforzo che la maggior parte delle persone che definiamo sane non sarebbe in grado di immaginare, figuriamoci poi fare.
Della rupe di Sparta non siamo ancora riusciti a liberarci. La nostra società fa ancora troppa fatica a camminare alla pari con quanti fanno più fatica e rischiano di essere ultimi in ogni settore della vita e dell’esistenza, bloccati da un marciapiede o dall’arroganza di chi parcheggia nelle aree riservate.
Pensare a ridisegnare le nostre aree urbane e a costruire percorsi di accesso che pongano sulla stessa griglia di partenza le persone secondo criteri di equità, non solo di uguaglianza, è la battaglia alla quale Zanardi, così come altre icone dello sport paraolimpico, stanno dedicando la loro vita. Essi percorrono quella strada che unisce sport e disabilità che Sir Ludwig Guttmann, neurochirurgo e direttore del centro londinese aperto durante la Seconda Guerra Mondiale per giovani di ambo i sessi appartenenti alle forze armate britanniche, portatori di lesioni midollari per cause belliche, intuì come fortemente riabilitativa: capì che non si tratta di abilità negate, ma di diverse abilità.
Fu solo nel 1960, a Roma, che sport olimpico e paraolimpico si affacciano con pari dignità al mondo dei normodotati, introducendo i Giochi Paraolimpici.
Alex è dal 19 giugno scorso in coma farmacologico e lotta tra la vita e la morte. Zanardi è un modello per migliaia di disabili, ma soprattutto una bandiera per quanti fanno fatica a non pensare alla disabilità come un essere meno. È lì che il suo coraggio, l’altruismo e l’amore per la vita hanno rotto quel muro di diffidenza e di distanza che marginalizza quelli che in questa società fanno più fatica.
La tua battaglia Alex è la battaglia di tutti noi che pensiamo ad un mondo dove chi ci cammina al fianco è semplicemente una persona, sempre! oltre ciò che la caratterizza nella storia della sua esistenza o per le scelte della sua vita. Quella bandiera che abbiamo visto sventolare o alzarsi in tante gare, continuiamo a vederla sventolare e porta il tuo sorriso, mai domo.