di Rina Onofrietto
Polemiche e rigurgiti razzisti hanno fatto da eco alla esibizione dell’Inno di Mameli di Sergio Sylvestre alla finale di coppa Italia tra Napoli e Juve, mercoledì 17 giugno 2020.
Come il 16 ottobre 1968, giorno in cui Tommie Smith e John Carlos alzarono il pugno al cielo nello stadio delle Olimpiadi, ancora oggi un pugno alzato in uno stadio fa paura ai razzisti di casa nostra.

Dopo la pandemia, l’emergenza sanitaria, la crisi economica e il distanziamento sociale, l’Italia cerca di riprendersi un pezzo di normalità: sullo sfondo un classico del calcio di casa nostra, Napoli vs Juve, in uno stadio Olimpico surreale, senza spettatori e con la tecnologia che prova a riempirlo con un pubblico virtuale.
In uno scenario che difficilmente si poteva immaginare, si alza una voce immensa che riempie i vuoti dei posti dello stadio:
Fratelli d’Italia,*
L’Italia s’è desta,
Dell’elmo di Scipio
S’è cinta la testa.
Dov’è la Vittoria?
Le porga la chioma,
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.
Fratelli d’Italia,
L’Italia s’è desta,
Dell’elmo di Scipio
S’è cinta la testa.
Dov’è la Vittoria?
Le porga la chioma,
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamci a coorte,
Siam…pronti alla morte ecc
è l’Inno di Mameli; la potente ed immensa voce di Sergio Sylvestre, per l’emozione si ferma, poi riprende a cantare un inno che, come sempre sono gli inni, ha il sapore di una calda coperta capace di riscaldare tutti dopo un periodo di grande freddo.
Non c’era pubblico, ma i cori razzisti, ai quali non ci abitueremo mai, ci sono stati e si sono sentiti forti ed impuniti: gli arbitri hanno l’ordine federale di interrompere la partita.
La presenza di un cantante nero, non italiano, li a cantare Fratelli d’Italia …. Proprio non è stato mandato giù e qualcuno ha interpretato la “pausa” come “dimenticanza del testo”, attribuendola tra l’altro al colore della pelle. Per molti somari dunque l’errore/orrore non è da leggersi in una forte emozione vissuta da un giovane interprete poiché si ritrova a cantare un inno nazionale dopo un periodo difficilissimo, per giunta solo con la sua voce a riempire quello stadio che doveva essere pieno di tifosi ad accompagnare la sua voce, fino a quasi annullarla. Invece si accorge che è solo, la sua voce a farla da padrona, e l’emozione è così forte che la stessa si interrompe, Sylvestre ha bisogno di riprendere fiato, di controllare l’emozione e completare l’Inno.

“no justice, no peace” è la frase che pronuncia alla fine dell’esibizione. Alza il pugno proprio a voler rimarcare ogni singola parola e il corrispondente significato di quel testo che l’Italia repubblicana, dei partigiani e della lotta antifascista ha voluto nel 1946 come inno nazionale.
In queste ultime settimane, il mondo ha chiaramente detto NO! al razzismo e alle brutalità della polizia verso gli ultimi e le minoranze, non solo negli USA con l’assassinio George Floyd a Minneapolis, ma in Turchia con gli arresti indiscriminati e gli omicidi degli attivisti kurdi, in Brasile dove le squadre della morte del razzista Bolsonaro uccidono oppositori del regime e quanti sono di ostacolo (gli indios) al disboscamento della foresta amazzonica per far posto ai nuovi rancheros.
La scelta di affidare ad un cantante nero e non italiano è, forse non consapevolmente presa, stata una scelta della FIGC coraggiosa e in linea con la lotta al razzismo che il mondo del calcio, e dello sport in generale, sta da anni portando avanti. È un segnale simbolico anche verso quelle tifoserie che il 4 giugno scorso hanno invaso Roma, guidati dagli ultras laziali, nel tentativo di saldare un ponte tra queste tifoserie ed i gruppi dell’estrema destra nazi-fascista e razzista: un pericolo per la democrazia che deve essere combattuto con la forza della democrazia, della nostra carta costituzionale e dell’impegno antifascista militante.
Bhè! anche se il trentenne statunitense ha toppato, possiamo pensare di dedicare quell’immensa esibizione, che a qualche somaro di tastiera proprio non è andata giù, a tutti gli italiani che durante l’emergenza sanitaria da COVID 19 hanno dato priorità alla vita degli altri, mettendosi al servizio di quanti hanno fatto fatica a sostenere le difficoltà dell’emergenza, a coloro che hanno continuato a praticare accoglienza e a quanti hanno cercato di dare un senso a #distantimavicini al quale siamo stati sensibilizzati negli ultimi mesi.
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*Fratelli d’Italia, l’inno di Mameli, è stato scritto da Goffredo Mameli e musicato da Michele Novaro nel 1847.
Il canto fu molto popolare durante il Risorgimento, anche se dopo l’unità d’Italia (1861) come inno del Regno d’Italia gli fu preferito la Marcia Reale, brano ufficiale di Casa Savoia, perché considerato troppo poco conservatore rispetto alla situazione politica dell’epoca.
Dopo la seconda guerra mondiale L’Italia repubblicana del post II guerra mondiale scelse il Canto degli Italiani, il 12 ottobre 1946, come inno nazionale (provvisorio fino al 2017, quando con la legge nº 181 assume lo status di inno nazionale.