Riceviamo e pubblichiamo: di Sofia Maritato
Guerra!

Sono giorni che al telegiornale, sui social, per radio, in strada, siamo sommersi, fino al collo, da notizie riguardanti i tragici avvenimenti che costernano la nostra Europa. E se dentro di noi la follia di questa guerra sleale ci tocca intimamente l’anima è perché alle porte del nostro paese avvertiamo il dolore sulla pelle, come se fosse nostro, di una nazione che è incastrata in qualcosa di troppo grande.
Mettere in discussione “l’eternità della guerra”
In qualcosa che è ancora ad oggi una testimonianza della pericolosa insania dettata dalla sete di potere, dall’ ossessione imperialista, dalla dittatura smoderata, senza ritegno, senza controllo. È vero, la guerra è sempre esistita, ed esiste ancora, e non piace affatto pensare che esisterà “sempre”, perché si stenta a credere che in un mondo così avanzato dove la tecnologia regna sovrana il più infido mezzo di distruzione sia ancora considerato legittimo. La guerra divora territori preziosi, dove chi vive non vive più ma “sopravvive” , perché è tutto ciò che gli resta da fare in preda alla disperazione, in preda alla sensazione di soffocamento che si prova quando si promettono corridoi umanitari per fuggire e poi si muore colpiti da una pallottola nel petto.

Sopravvivere quando tutto sembra perduto
Anche quando non c’è più un briciolo di forza si “sopravvive”, così come donne e uomini ucraini stanno facendo oggi, lottando con le unghia e con i denti per difendere ciò che qualcuno di sventuratamente potente sta tentando di estirpare. E non deve essere facile vedere terra bruciata tutto intorno, dove un tempo germinavano campi fioriti, e adesso avvizziscono i sogni e le speranze di chi, giovane come tanti altri, aveva immaginato un futuro di successi, notevole, brioso, nella propria terra felice.
Le conseguenze sugli innocenti
Non parliamo di chi ha colpe, non parliamo del passato politico di una nazione, perché non è compito nostro giudicare ciò, ma osserviamo piuttosto le conseguenze che si riversano sugli innocenti. Quale sarebbe la colpa di un bambino che per fuggire e mettersi in salvo raggiunge in condizioni di estremo pericolo, in maniera rocambolesca, il confine a piedi, senza alcuna difesa, con un piccolo zaino in spalla e tanta voglia di tornare alla sua vita di prima? Quale sarebbe la colpa di chi è troppo debole per fuggire e mettersi in salvo? Di chi ha investito una vita intera per la propria realizzazione personale e poi si ritrova con un cumulo di macerie e polvere tra le mani.
Il fallimento
Lo scoppio di una guerra nel cuore dell’Europa è un fallimento, non soltanto a discapito delle lotte per i diritti umani che negli anni a questa parte hanno raccolto milioni di consensi, ma per ciascun essere umano in qualunque parte del mondo egli sia. Per ciascun essere umano in quando tale, e basta. Il fallimento di un intero sistema governativo è il fallimento di ciascuno di noi, e non tollero chi resta in bilico e non si schiera per la pace, che è diritto di ciascun uomo.
Spiegare la differenza: è possibile?

L’altro giorno una donna, (una docente universitaria) sul pullman diretto verso l’università diceva “ma se lo meritano, sono un popolo di mangia patate”.
Da brividi; ci sarebbe stato il bisogno di spiegarle il significato di guerra, perché solo l’ empatia verso la sofferenza umana permette di comprendere cosa essa significhi sia per chi attacca che per chi si difende, ma l’ educazione insegna che molto spesso, davanti all’ ignoranza e alla villania è bene non dispensare energie. Perché tanto “ignorante” non significa che non hai studiato ma che “non conosci”, e molto spesso chi non conosce non comprende.
Euripide ci insegna «parla da saggio ad un ignorante ed egli dirà che hai poco senno».
Se non vi scandaglia, se non vi sviscera, se non vi turba quello che la guerra significa: distruzione, odio, vittime innocenti, ragazzi appena maggiorenni che imbracciano un AK-47 per proteggere una patria che sta patendo sotto i colpi di mortaio, le granate, le shrapnel, allora è ben chiaro che sarete sempre gli insipidi “ma” e “allora”, oppressi e soffocati dal crimine più granguignolesco: l’indifferenza.