Rudolf Nureyev afferma che “ogni uomo dovrebbe danzare, per tutta la vita. Non essere ballerino, ma danzare”.
La danza, quella classica in particolare,è una scuola di assoluto rigore, una disciplina che non tutti i fisici possono interpretare nel modo più appropriato. E’, nell’immaginario collettivo, un’arte destinata a pochi; un cliché che vuole a praticarla solamente bambine/ragazze, figlie della ricca borghesia, con carnagione chiarissima.
Sta facendo il giro del mondo, facendo emozionare il web, il video postato su youtube di Anthony che danza sotto la pioggia in un cortile infangato che, come per magia, si trasforma in un palcoscenico luminoso. Balla sotto la pioggia questo ragazzino nigeriano, a piedi nudi nel fango, al ritmo di una musica immaginaria.
Queste le parole che accompagnano il video: Con pochissime o nessuna risorsa i nostri bambini si stanno allenando per essere il meglio che possono. Chi non ne sarebbe orgoglioso? Quale insegnante non pregherebbe per avere degli studenti che mostrano così tanta voglia di imparare? Bambini che sono pronti a ballare in qualunque condizione.
Tantissimi i commenti degli utenti, meravigliati dal talento del giovane portato avanti anche in condizioni di estrema povertà. C’è anche chi ha suggerito di inviare il video presso scuole di danza prestigiose per dargli la possibilità di allenarsi ancora di più e far emergere il suo potenziale. La registrazione ha letteralmente fatto il giro del mondo tanto che, dopo che un quotidiano cinese lo ha postato su Twitter, 15 mila persone lo hanno ripostato da ogni parte del globo.
Questo video, da solo, sembra andare contro l’immaginario collettivo di chi possa diventare ballerino:
Anthony sicuramente non appartiene ad una famiglia ricca, non è nato femmina e soprattutto è un ragazzo nigeriano quindi nato con la pelle scura………ma ama danzare e chissà se questo amore, questa sua passione un giorno lo porterà ad essere un famoso ballerino.
Ma procediamo per gradi:
da sempre i ballerini maschi vengono bullizzati e il pensiero immediatamente va al film Billy Elliot, uscito nel 2000: la storia del ragazzino, che vuole diventare un ballerino di danza classica è ispirata ad una storia vera. Egli combatte contro i pregiudizi di un mondo particolarmente duro: siamo nel cuore dell’Inghilterra tatckeriana e del lungo sciopero dei minatori; anni difficili di battaglie di classe e di una popolazione che si vede e si riconosce in attività “toste”, nelle risse da pub, nelle partite di rugby del fine settimana o negli scontri di boxe amatoriali. Vive l’ostilità del padre e del fratello maggiore, che a questo mondo intimamente appartengono, che vuole frapporsi alla realizzazione del suo sogno che alla fine riesce a coronare e che finisce con lo scuotere le coscienze. La forza e la fragilità del giovane protagonista, la sua determinazione innocente e ribelle, sono una potente esortazione a essere sé stessi e ad affermare il proprio diritto alla felicità e parlano al cuore di tutti coloro che sono derisi, giudicati ed emarginati per le loro aspirazioni. Del resto, ci sono tanti, tantissimi Billy Elliot in ogni parte del mondo.
“Non volevo smettere di ballare, volevo solo che la smettessero di prendermi in giro“, dice Patrick Frenette, ballerino dell’American Ballet Theatre.
La sua esperienza è tristemente simile a quella che molti ballerini maschi che sopportano durante la loro formazione e la carriera: nomignoli, intimidazioni fisiche, cyberbullismo, a volte persino minacce di morte.
I ragazzi che ballano sono spesso stereotipati come gay e derisi per praticare quella che molti considerano un’arte femminile.
Altra questione è il colore della pelle e subito viene in mente la storia di Michaela Mabinty DePrince nata in Sierra Leone nel 1995 nota al pubblico come “La ballerina con le macchie bianche”.
Oggi è il Cigno Nero del Balletto Classico americano.
La sua è una storia toccante: fu ripudiata in Africa per la vitiligine ma poi (fortunatamente) adottata negli Usa. Oggi è una meravigliosa stella della danza.
Malata fin dalla nascita di vitiligine (macchie molto visibili sulla pelle nera) Mabinty fu vista da occhi ignoranti come la firma del demonio: «Bimba diavolo! Bimba leopardo! Non voglio che mi attacchi le tue macchie», le urlavano.
A queste dolorose cattiverie si aggiunse poi la perdita dei genitori per colpa della guerra.
Ormai in orfanotrofio, dopo tanto dolore, finalmente il destino la ripaga: due pensionati americani, genitori già di cinque figli, l’adottano. Giunta negli negli USA la bimba Mabinty rinasce come Michaela DePrince.
Il suo amore per la Danza nacque già in Africa quando rimase colpita dalla copertina di una rivista con una ballerina di danza classica.
Poi, grazie alla sua famiglia adottiva americana di Philadelphia, ha iniziato a studiare la danza classica.
In concomitanza con un intenso allenamento coreutico, Michaela ha frequentato anche corsi online ed è riuscita a conseguire il diploma di scuola superiore.
Grazie al suo grande talento, DePrince ha ricevuto una borsa di studio per studiare alla Jacqueline Kennedy Onassis School of Ballet dell’American Ballet Theatre per la sua esibizione al Youth America Grand Prix.
Riesce poi a diventare una ballerina classica professionista nonostante vari episodi di discriminazione razziale nei suoi confronti.
Il talento non ha propensioni sessuali, né di razza e né preferenza alcuna; coloro che deridono spesso vorrebbero avere la libertà di fare ciò che amano.
Le parole di Jean-Louis Barrault ci aiutano a comprendere che danzare, è lottare contro tutto ciò che ci trattiene, tutto ciò che ci affonda, tutto ciò che pesa e appesantisce, è scoprire con il proprio corpo l’essenza, l’anima della vita, è entrare in contatto fisico con la libertà