Sono oltre 70 le barriere nel mondo costruite dall’uomo contro l’uomo. Muri, recinzioni, barriere elettrificate, cancelli, fatti per limitare la libera circolazione.
Se pensiamo che fino al 1989, quando fu abbattuto il muro di Berlino, le barriere esistenti erano circa 15, vuol dire che è proprio negli ultimi 30 anni che la paura dell’altro ha preso il sopravvento.
È noto infatti che le migrazioni sono nate con l’uomo stesso ed hanno oggi motivi identici a quelli originari: raggiungere luoghi in cui garantire la vita alla propria comunità, alla propria famiglia, ai propri figli.
Paradossale è poi il fatto che un ulteriore intensificarsi delle chiusure di alcuni Stati sia avvenuto in seguito ai drammatici fatti dell’11 Settembre 2001. Gli attentati alle Torri Gemelle, infatti, evidenziano che la sicurezza può essere violata in qualsiasi momento ed in qualsiasi modo, rendendo di fatto ridicolo proteggersi con dei muri.
Cos’è che si teme realmente, dunque, il terrorismo o la povertà? La risposta mi sembra alquanto scontata, dato che il terrorista vola in prima classe e non fa certo migliaia di chilometri a piedi rischiando la vita ogni giorno o mettendosi in una barca che rischierà di non arrivare mai a destinazione.
Di fatto è esplosa la globalizzazione ma solo per le merci mentre si pretende che le persone, almeno quelle più povere, muoiano dove sono nate senza alcuna possibilità di conoscere altre parti del mondo e, soprattutto, senza la possibilità di cambiare il proprio destino. Poco importa se ad uccidere quelle persone possa essere proprio qualche terrorista.
Numerose sono le testimonianze che raccontano la drammaticità di questi muri, soprattutto dal lato di chi ha subito la loro costruzione, di fatto escluso dalla libertà di potersi spostare e tentare di cambiare la propria vita. Ma siamo sicuri che l’innalzamento di barriere non sottragga anche la nostra libertà, il nostro futuro, la nostra possibilità di crescita culturale e, soprattutto, la nostra umanità?
Al fine di sensibilizzare sull’argomento, l’associazione Nova Koinè di Marigliano sta preparando una specifica rubrica sui propri canali social che inizierà a Giugno e che descriverà alcune di queste barriere della vergogna.
Riportiamo di seguito i primi quattro muri analizzati.
“…Questo assurdo fenomeno di chiusura…” esordisce la rubrica “…è certamente anche frutto del pensiero sovranista, nazionalista e xenofobo, che cerca di renderci insicuri e dipendenti da un sistema che si autoalimenta proprio delle nostre paure, molto spesso indotte con fini propagandistici che attribuiscono al volere del popolo l’innalzamento delle barriere.”
Ceuta e Melilla
Non è certo volere del popolo marocchino o di quello spagnolo, infatti, l’innalzamento delle barriere attorno alle enclavi spagnole di Ceuta e Melilla attorno alla metà degli anni 90, costituite da quasi dieci km di rete metallica intorno a Ceuta e più di 8 km intorno a Melilla.
Calais (Francia – Regno Unito)
Non era certo volere del popolo francese o di quello inglese, la costruzione a Calais del “Great Wall”. Eretto nel 2016 ed alto 4 metri per oltre un chilometro e rafforzato con reti metalliche e filo spinato.
Di cosa si aveva paura? Di qualche centinaio di migranti che tentavano il raggiungimento di una delle nazioni più cosmopolite del mondo?
Sulla questione inglese, poi, l’impero che aveva colonie da occidente ad oriente e che oggi si chiude su stesso ripudiando qualsiasi logica comunitaria e di interesse collettivo, ci sarebbe da scriverne a parte.
Turchia – Grecia
Era forse interesse del popolo turco o di quello greco la costruzione del muro, costato oltre tre milioni di euro e lungo 12 km con lo scopo di fermare il flusso dei migranti provenienti per lo più da: Siria, Kurdistan, Iraq, Afghanistan e Pakistan e diretti verso L’Europa?
Lo stesso muro usato oggi dalla Turchia pagata per accogliere circa 4 milioni di rifugiati sul suo territorio, per ricattare continuamente l’Europa minacciando di “aprire i campi” in cui questi migranti sono illegalmente detenuti.
Israele e Cisgiordania
Certo non era interesse del popolo palestinese ma, a nostro avviso, neanche di quello israeliano, la costruzione di 570 chilometri della cosiddetta “barriera anti-terrorista” o “muro della vergogna” a seconda della parte da cui si guarda.
Essa fu costruita a partire da giugno 2002 per volere del Consiglio dei ministri israeliano, in seguito all’avvio della seconda intifada nel 2000, con cui i palestinesi si erano ribellati per l’ennesima volta all’occupazione israeliana.
L’obiettivo dichiarato era impedire ai palestinesi senza permesso l’accesso a Israele dalla Cisgiordania ma il muro è diventato ulteriore strumento per l’accaparramento, da parte degli israeliani, di molte porzioni di territorio palestinese al di là della “Green Line”, ossia i confini stabiliti dagli accordi dopo la Guerra 1948-49, quando la Nakba, la “Catastrofe” si è abbattuta sulla Palestina ad opera delle truppe israeliane e l’indifferenza dei britannici (ancora presenti sul territorio). Più di 700.000 persone cacciate dalle proprie case, più di 500 villaggi e una decina di città distrutte, massacri avvenuti in tutto il paese. Una storia cancellata, un’identità negata fino ad oggi.
Il nove luglio 2004 la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia si è espressa sulla questione, definendo illegale la costruzione della barriera, che viola i diritti umani dei palestinesi, secondo il diritto internazionale.
Invitiamo pertanto a seguire i canali social dell’associazione, indicati in calce a questo articolo.
Altri muri in Europa
La nostra panoramica prosegue con i muri d’Europa.
Da due a quindici sono diventate le barriere innalzate in Europa dall’abbattimento del muro di Berlino. Dieci dei ventotto Stati Membri hanno preso questa decisione: Grecia, Bulgaria, Ungheria, Croazia, Austria, Norvegia, Lituania, Lettonia, Francia e Regno Unito hanno ceduto al volere popolare (ironia) di innalzare barriere contro i migranti.
Impossibile non citare gli storici muri dell’Irlanda del Nord che addirittura separano quartiere da quartiere nelle stesse città. (Questione irrisolta ma per nulla narrata negli ultimi anni)
Oltre al mare che già c’era e che non si poteva chiudere (seppur le proposte di affondare le navi dei migranti in arrivo c’è stata), anche in Italia si era iniziato a parlare di un muro da costruire al confine con la Slovenia con il fine di contenere il flusso dei migranti.
Le recinzioni nel continente americano
Impossibile non citare il muro più famoso d’America ossia quello che separa il Messico dagli Stati Uniti. Iniziato proprio nel 1990, impedisce il transito dei migranti sudamericani verso i ben più ricchi Stati del Nord.
Meno noto ai più è invece il muro che divide la capitale del Perù, eretto per proteggere un collegio di gesuiti dagli abitanti di una baraccopoli ed ampliato negli anni col fine di dividere la parte più ricca della città, dal distretto povero in cui non arriva neanche l’acqua corrente.
Diversamente dal cinismo europeo, le motivazioni del continente americano sono almeno più sincere.
I muri servono per separare i ricchi dai poveri e proteggere i primi da eventuali aggressioni e rapine.
È stata proprio questa la motivazione per la costruzione del muro a San Paolo, in Brasile che separa un’autostrada, che collega la metropoli alla costa atlantica, da una favela, per proteggere gli automobilisti dalle rapine.
I muri in Asia
Oltre alla storica Muraglia Cinese, oggi patrimonio dell’umanità dell’UNESCO e una delle sette Meraviglie del mondo, dopo la Seconda Guerra Mondiale sono stati costruite altre barriere anche in Asia. Obiettivo sempre lo stesso: Separare, proteggere, escludere.
È famoso sicuramente il confine super-militarizzato coreano che divide la Corea del Nord dalla Corea del Sud.
Altri muri separano tuttavia anche: India e Bangladesh, India e Pakistan (la famosa questione del Kashmir). Barriera a cinque file è stata costruita nel 2014 tra Arabia Saudita e Iraq, barriera tra Arabia Saudita e Yemen, tra Iraq e Kuwait, tra Iran, Pakistan e Afghanistan, tra la Thailandia e la Malesia, tra la Turchia e la Siria.
Finché si continuerà a pensare che la soluzione sia costruire muri piuttosto che ponti, a separare piuttosto che unire i popoli, a diffondere paura piuttosto che fiducia e solidarietà, continueremo a cadere in declino come civilità.
Link ai canali social di Nova Koinè:
Link di approfondimento:
https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/migrazioni-e-antiche-paure-in-europa-ritornano-i-muri
https://www.fanpage.it/attualita/tutti-i-muri-nel-mondo-30-anni-dopo-berlino/
Video:
https://www.avvenire.it/multimedia/pagine/muri-nel-mondo