L’Assemblea Generale dell’ONU ha votato una risoluzione per porre fine al “bloqueo”, l’embargo americano che imprigiona l’isola di Cuba. Il progetto approvato dal si di 187 paesi. Contrari solo Israele e Stati Uniti. Astenuta l’Ucraina
Una risoluzione per chiedere la fine di un embargo che dura da più di 60 anni. L’ennesima. L’Assemblea Generale dell’ONU è chiamata ormai con cadenza annuale a votare per progetti che propongono la liberazione dell’isola di Cuba dal blocco economico e commerciale che gli Stati Uniti si ostinano a mantenere. La nuova votazione, quella di ieri 3 novembre, è stata da record: 187 si; ovvero 187 paesi favorevoli a porre fine all’embargo americano. Astenuta l’Ucraina, mentre contrario ed isolato è stato il voto di Israele e Stati Uniti. Due paesi, che anche in questo frangente dimostrano una preoccupante vicinanza quando si tratta di negare diritti umani.
La risoluzione contro il bloqueo
La risoluzione presentata all’ONU, dal titolo “Necessità di porre fine all’embargo economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti d’America contro Cuba” pone l’accento sui diritti umani. I funzionari cubani dichiarano senza mezzi termini che l’embargo “viola il diritto alla vita, alla salute, all’istruzione e al benessere delle cubane e dei cubani”. Decine di analisi, di report e di esperienze dimostrano che la realtà non è lontana da tali affermazioni e che Cuba effettivamente paga le conseguenze del blocco.
La quasi totalità dell’Assemblea Generale dell’ONU ha votato a favore della proposta. Si tratta di un vero record, se si pensa che nel 2022, una risoluzione simile vide il si di 185 paesi. In quel caso, oltre a USA e Israele contrari, ci fu l’astensione dell’Ucraina ma anche del Brasile di Bolsonaro.
Le conseguenze dell’embargo
A Cuba scarseggiano spesso i beni di prima necessità, lunghe file e l’elettricità è razionata. Nonostante i grandi sforzi del governo, la fame e la povertà sono una realtà concreta. La precaria situazione cubana è spesso dipinta dai media filo-americani come colpa diretta del malgoverno de L’Havana, ma i fatti dimostrano che il vero responsabile della povertà cubana è il bloqueo di Washington. Questo, in sostanza è stato anche il fulcro del discorso di Bruno Rodriguez Parrilla, Ministro degli Esteri di Cuba, all’Assemblea Generale dell’ONU.
Inoltre va detto che, a causa dell’embargo, Cuba ha seri problemi di produzione alimentare, dato che l’industria agricola non ha abbastanza fondi, nemmeno per procurare foraggio agli animali o per l’acquisto di macchine industriali. Lo stesso problema è legato alla fornitura di farmaci; infatti nonostante Cuba sia all’avanguardia riguardo la salute, mancano talvolta alcuni medicinali, che sarebbero facilmente acquistabili dagli Stati Uniti, se non ci fosse l’embargo. Spesso dunque, Cuba ricorre ad intermediari pagando cifre esorbitanti, oppure è costretta ad importare medicinali meno efficaci.
La maggior parte della popolazione cubana non conosce la vita senza bloqueo; l’80% secondo Parrilla. Praticamente i cubani sanno molto bene cosa sia una guerra economica, che è quella che subiscono quotidianamente da 60 anni.
Il danno economico
A sostegno della risoluzione ci sono dei dati economici comprovati, che quantificano il danno che gli Stati Uniti hanno apportato nel tempo all’economia, e quindi alla vita di milioni di cubani. Secondo tali stime e tenendo conto dei prezzi attuali, i danni accumulati per l’applicazione del bloqueo contro l’Isola ammonta a oltre 159 miliardi di dollari. Solo tra marzo 2022 e febbraio 2023 “il blocco ha causato danni a Cuba quantificabili in circa 4,9 miliardi di dollari. Si tratta di cifre enormi che avrebbero consentito al popolo cubano un accesso più equo, non solo a cibo e acqua ma anche alle infrastrutture necessarie per l’autosufficienza. L’economia cubana si regge per gran parte sul turismo (ma anche su quello ci sarebbe molto da dire), ma dopo la pandemia di Covid-19 e con il conflitto russo-ucraino, il settore stenta a ripartire.
Le origini del bloqueo
Cuba ha conosciuto per la prima volta la guerra economica nel 1960, quando il governo statunitense di Dwight Eisenhower diede vita all’embargo economico e commerciale su Cuba. Stop agli scambi commerciali e qualunque tipo di accordo economico. Uno stop imposto con la violenza da Washington, ovviamente. D’altronde a L’Havana si era da poco insediato il governo rivoluzionario socialista di Fidel Castro, che vantava uomini carismatici come Che Guevara. E gli Stati Uniti, sono sempre stati impegnati a dissuadere in ogni modo, lo sviluppo di esperienze comuniste nel mondo. Figurarsi se non l’avessero fatto nel continente americano che considerano un pò il giardino di casa.
Da allora l’anti-comunismo americano, coltivato durante la Guerra Fredda è diventato un pò un fenomeno culturale e l’embargo a Cuba è rimasto lì dov’era. Per anni la possibilità di rimuoverlo non è mai stata nemmeno in discussione, nè da parte dei repubblicani, nè dai democratici. Qualcosa cambiò durante i due mandati del governo Obama, che nel 2015 diede vita ad una sorta di distensione nei confronti di Cuba, promettendo di allargare le maglie dell’embargo e favorire delle concessioni umanitarie. Tutto cancellato dal governo di Donald Trump, di fazione e indole decisamente opposta al suo predecessore, che riportò lo stato delle restrizioni agli anni della Guerra Fredda.
Risoluzioni ONU a favore di Cuba: non sono una novità
Quella di ieri, a favore della rimozione dell’embargo, e approvata con una maggioranza schiacciante, è l’ennesima risoluzione approvata dall’ONU per liberare Cuba. In verità l’Assemblea Generale ha discusso in passato ben 30 risoluzioni in tal senso. Molte volte queste si sono risolte con l’approvazione e, in molti casi, la maggioranza dei si è stata significativa, se non schiacciante. In particolare nel 1992, nel 2021 e nel 2022, l’Assemblea ha sempre deliberato affinché Washington ponesse fine all’embargo, ma mai nulla è stato fatto.
Le preoccupazioni dell’ONU
Durante l’Assemblea è stato proposto il ripristino delle relazioni USA-Cuba dei tempi di Obama. I provvedimenti ipotizzati sono pressoché gli stessi: ripresa delle relazioni diplomatiche, meno restrizioni ai viaggi da e per Cuba e una gamma maggiore di merci inviabili sull’isola. Tuttavia l’ONU ha espresso delle preoccupazioni sulla tenuta della decisione; il voto favorevole di ieri non è il primo e questo vuol dire solo una cosa: che fino ad ora gli USA non hanno rispettato nessuna risoluzione.
In effetti, le risoluzioni approvate dall’Assemblea Generale dell’ONU non sono vincolanti, a differenza di quelle approvate nel Consiglio di Sicurezza, quindi gli stati possono trasgredire. E gli Stati Uniti si sono sentiti 30 volte in dovere di farlo. Probabilmente prima o poi, sarà il caso di fermarsi a valutare misure più stringenti, che obblighino gli stati a tener conto della votazione di maggioranza, specie se di mezzo c’è il diritto alla vita e alla salute di milioni di persone.
Resistenza cubana
Vivere sotto un embargo economico e commerciale non dev’essere affatto facile. Ma in qualche modo i cubani ci riescono, seppur con grandi sacrifici. Sono nati con l’embargo, quello che lì chiamano el bloqueo; una condizione che caratterizza la loro esistenza. Vivere sotto scacco di privazioni economiche è una vera e propria operazione di resistenza, in cui il governo, ora guidato da Diaz-Canel cerca di sopperire alle esigenze della popolazione, spesso annaspando, ma riuscendo comunque a tenere salde le fila di un paese dalle esperienze rivoluzionarie. Bisogna sapere però, che le sofferenze del popolo cubano sono diretta conseguenza della politica violenta degli Stati Uniti. Tali sofferenze però, non piegheranno mai l’animo di un popolo che ha lottato tanto per la propria posizione e non intende mollare.







