Il trionfo degli azzurri visto come un’occasione di riscatto: ma siamo sicuri che Napoli avesse qualcosa da riscattare?
A cura di Antonio Avitabile
Trionfo
Il Napoli di Luciano Spalletti, Victor Osimhen, Kvicha Kvaratskhelia e tanti altri ha riportato nel capoluogo campano quello Scudetto che mancava da 33 anni, e che piu’ in generale dalla stagione 2001-2002 aveva visto le tre giganti del Nord (Milan, Juventus ed Inter) dividersi il trofeo di anno in anno. Un campionato dominato dall’inizio alla fine, una cavalcata trionfale conclusa con uno straordinario poker: vittoria dello scudetto, capocannoniere della competizione, miglior difesa e miglior attacco. Un record realizzato soltanto due volte dalla stagione 1975-76, dal Torino di Luigi Radice e dall’Inter di Giovanni Trapattoni, tanto per rendere l’idea. Gli azzurri e la città di Napoli sono da mesi in prima pagina sui giornali italiani e su alcuni tra i più importanti al mondo, e lo scudetto è visto come un riscatto sociale: ma siamo sicuri che Napoli avesse qualcosa da riscattare?
Storia
Dal 1 agosto 1926 Napoli e il Napoli camminano a braccetto, in virtù del fatto che Napoli è un rarissimo caso di grande città, tra le tante in Italia e le tantissime in Europa, ad avere un’unica squadra di calcio. Il legame tra i napoletani e la maglia azzurra è da sempre un qualcosa di unico, di viscerale, tramandato di generazione in generazione come le imprese, sportive e non, che Napoli l’hanno sempre contraddistinta. La stessa Napoli che nelle famose “quattro giornate” riuscì a diventare la prima tra le grandi città europee a liberarsi dall’occupazione tedesca, poco più di quarant’anni dopo avrebbe vissuto quello che fino ad allora si era solo potuto immaginare: la conquista del primo Scudetto, datato 10 maggio 1987. In quel caso alla guida del Napoli e del popolo napoletano c’era Diego Armando Maradona, un argentino che avrebbe fatto di Partenope la sua casa, instaurando un legame destinato a durare negli anni. Un capopopolo che trascinò gli azzurri alla vittoria “contro tutto e tutti”, come egli stesso dichiarò in un’intervista passata alla storia. “Chi vuol capire, capisca”: il commento dell’intervistatore e l’invito ai lettori da parte di chi scrive.
Tradizioni
Fin dal 1861, anno dell’Unita’ d’Italia di cui tanto si è dibattuto, Napoli ha proseguito sulla propria strada che l’ha vista come una citta’ ed un popolo quasi estranei alla nazione, nel senso piu’ positivo possibile che si possa intendere. Perche’ se è vero che un popolo è definito come “il complesso degli individui di uno stesso paese con origine, lingua, tradizioni religiose e culturali, istituti, leggi e ordinamenti comuni” è altrettanto vero che a Napoli e ai napoletani non manca proprio nulla. Basti pensare al mito del Pibe de Oro, di cui lo stadio di Fuorigrotta porta il nome, o a Massimo Troisi, a Pino Daniele, Luciano De Crescenzo, Toto’, ad Eduardo de Filippo e ai tantissimi personaggi storici, di cultura e scienza che, nel corso dei secoli, hanno portato in alto il nome di Napoli e dei napoletani nel mondo. A questo si aggiunga che nel corso degli anni si sono sprecati gli epiteti ingiuriosi rivolti alla citta’ da buona parte della stampa nazionalista per i fenomeni negativi che l’hanno attanagliata (si pensi alle faide di Camorra o alle polemiche sulla gestione dei fondi pubblici dopo il terremoto dell’Irpinia), come a voler rafforzare il concetto di estraneita’ alla nazione, ribadito in quei cori da stadio come “noi non siamo napoletani”, intonati in gran parte dello stivale. Ma alla fine forse, citando il New York Times, la cosa piu’ giusta è celebrare Napoli come “la citta’ delle contraddizioni”.
Vincenti
Anche la città di Napoli sta vincendo. Tanto per snocciolare due numeri, nel weekend appena trascorso sono arrivati in citta’ all’incirca un milione di turisti. Napoli non vince solo sul campo ma vince anche al Cinema, con i capolavori negli anni piu’ recenti di Paolo Sorrentino, con i successi musicali di artisti in cui è piu’ che evidente l’impronta della napoletaneita’ come Luchè, Geolier ed i successi dei Nu Genea. Con serie televisive di successo in Italia e non solo come “Gomorra” , “Mare Fuori” e “L’amica geniale” tra le altre. Che dire poi della storia e del patrimonio artistico e culturale della citta’. Meravigliosa alchimia delle tante culture che si sono susseguite nel corso dei secoli (da quando, nel VIII secolo a.C., fu fondata la citta’ di Partenope) o dell’Universita’ Federico II, tra le piu’ antiche del mondo. L’intento dello scrittore non è di dipingere tutto rose e fiori.
Napoli ha i suoi mille problemi, come qualunque citta’ del mondo, ma pensare allo scudetto azzurro come “la vittoria del piu’ debole” è quanto di piu’ distante ci possa essere dalla realta’. Per concludere e per far si’ che anche in minima parte, Napoli non resti quella “carta sporca” delle canzoni di Pino Daniele, mi piace riportare testualmente uno stralcio del monologo di Vincenzo Salemme pubblicato sui propri canali social: “Vi prego, adesso non dite che lo scudetto è un’occasione di riscatto, non dite che come festeggiamo noi non sa festeggiare nessuno. Vi prego, non raccontate la nostra gioia come fosse una buffa commedia. Vi prego, non statevene aldila’ del vetro a guardarci divertiti dal nostro clamore. Vi prego, non siate felici della nostra felicita’ come si è felici quando il meno attrezzato prevale sul forte. Vi prego non fatelo, non siate cosi’ ingenui!”. Sipario.