Riceviamo e pubblichiamo, articolo a cura di Melissa Melillo
In occasione del Giorno della Memoria per le vittime dell’Olocausto
“Ad Auschwitz si va a testa bassa, cercando di ricordare, per non dimenticare la Shoah” afferma Liliana Segre, senatrice della Repubblica Italiana e superstite dell’Olocausto, in relazione all’approvazione da parte del Senato della nuova legge su “i viaggi della memoria”, per sensibilizzare i giovani che ricevono istruzione all’orrore provocato dal nazismo.
La Shoah e il 27 gennaio
A pochi giorni dal 27 gennaio è stata approvata in Senato una nuova legge su “i viaggi della memoria”, per accompagnare tutte quelle riflessioni che si dedicano alla Shoah nel sistema scolastico e per renderle concrete.
La parola “Shoah” deriva dalla lingua ebraica e assume il significato di “catastrofe, distruzione”. Il senso del termine coincide a pieno con l’orrore manifestatosi nei campi di concentramento, all’interno dei quali la vita di milioni di vittime è stata completamente spazzata via, nel tentativo nazista di dare attuazione alla “Soluzione finale per la questione ebraica”. Il 27 gennaio del 1945 l’Armata Rossa arrivò ad abbattere i cancelli di Auschwitz, liberando i sopravvissuti: l’Assemblea Generale dell’ONU, il 1 novembre 2005, ha proclamato ufficialmente che proprio il 27 gennaio divenisse “Giornata della Memoria”, per commemorare le vittime dell’Olocausto, stabilendo che da quel momento in poi nel corso degli anni, si sarebbe dovuto dare spazio a eventi evocativi e di riflessione, per non ignorare un momento così drammatico della storia contemporanea.
La persistenza della memoria
Il Giorno della Memoria non rappresenta solo il riconoscimento pubblico e collettivo dei gravi crimini di cui si è macchiata la Germania, con la collaborazione di altri Stati d’Europa, ma ha lo scopo di sensibilizzare all’argomento per evitare che errori del genere possano essere nuovamente commessi, e “per non dimenticare”, così come suggerisce questa logica che si è affermata e radicata nel corso del tempo. La memoria dell’accaduto persiste grazie all’arte, alla letteratura e alle diverse forme di testimonianza di chi ha vissuto sulla sua pelle il dolore straziante derivante dal trattamento disumano riservatogli.
“Affinché non accada mai più”
La commemorazione di un episodio così tragico mira a dimostrare come azioni del genere si pongono al limite della comprensione e della morale umana. Lo scopo principale di una giornata come quella del 27 gennaio è quello di riportare sempre alla luce la ripugnanza di quest’atto per evitare che possa riaccadere di nuovo. Nonostante l’impegno attivo dimostrato a livello comunitario per il raggiungimento di questo obiettivo, molti sono i casi in cui trattamenti del genere tendono a verificarsi nuovamente, tradendo la dialettica del “affinché non accada mai più”. Un esempio riguarda i delitti consumati a danno di migranti nei campi di raccolta libici, che violano ogni norma di diritto vigente, e che sono stati fortemente condannati dalla comunità internazionale, o il caso dei “campi di rieducazione” cinesi, in cui la minoranza degli uiguri è soggetta a torture, detenzioni, restrizioni delle pratiche religiose. In questi casi, la situazione risulta essere particolarmente complessa, così come la stessa possibilità d’intervento, ma la forza di ogni istituzione dovrebbe imporsi per contrastare e punire casi di questo tipo, i quali violano il diritto più importante tra tutti: quello alla vita.







