Occorre compiere fino in fondo il proprio dovere, qualunque sia il sacrificio da sopportare, costi quel che costi, perché è in ciò che sta l’essenza della dignità umana”
(Giovanni Falcone)
La frase riportata sembra presagire ciò che sarebbe accaduto il 23 maggio 1992, la strage di Capaci. Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo, di ritorno da Roma, transitavano sull’autostrada A29 Palermo – Trapani, vicino a uno svincolo che conduceva a Capaci. Una carica di 400 kg tritolo, posizionata sotto il manto stradale, venne fatta esplodere alle ore 17:58, colpendo le tre auto blindate che accompagnavano i due magistrati. Nella prima gli agenti Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani, nella seconda Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e il poliziotto Giuseppe Costanza. Penetrando tra cumuli di detriti, lamiere e sangue, i soccorritori estrassero i corpi dei magistrati e degli uomini della scorta per fare, laddove possibile, un estremo tentativo di salvarli. Giuseppe Costanza riuscì a sopravvivere. Per Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani, non ci fu nulla da fare. Giovanni Falcone morì alle ore 19:05, a 53 anni. Francesca Morvillo venne trasportata all’ospedale Cervello e poi trasferita d’urgenza al reparto di neurochirurgia del Civico. Morì alle ore 23:00, all’età di 46 anni. Conosciutosi nel 1979, si sposarono nel 1986, lei rimanendo costantemente a fianco del marito pur essendo consapevole del grave pericolo; Francesca Morvillo è l’unica donna magistrato in Italia vittima di un attentato mafioso.

Oggi, 23 maggio 2022,la popolazione italiana si accinge ad abbracciare la famiglia di Giovanni Falcone per il suo trentesimo anniversario di morte, avvenuta durante il terribile attentato mafioso a Capaci. Oggigiorno tutti celebrano il giudice eroe, colui che ha dedicato la sua vita alla lotta alla mafia; al contrario Giovanni Falcone non si è mai sentito un eroe, ma solo un uomo dello Stato chiamato a fare il proprio dovere.
La Mafia è il termine con cui si designa il complesso di piccole associazioni criminose (dette cosche), segrete, a carattere iniziatico, rette dalla legge dell’omertà e regolate da complessi riti che richiamano quelli delle compagnie d’arme dei signori feudali, delle ronde delle corporazioni artigiane, sviluppatesi in Sicilia durante il XIX secolo. Nel corso della storia ci sono stati uomini che passo dopo passo hanno lasciato il proprio marchio con coraggio, dedizione ed impegno contro un’istituzione fondata sulla brutalità e sull’incuria; contro il mito negativo dell’invincibilità di Cosa nostra Giovanni diceva: “la mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà una fine” e la morte di Giovanni Falcone segna l’inizio della fine di Cosa Nostra.
Dopo trent’anni non bisogna abbassare la guardia nel combattere la Mafia: fondamentale è l’attività della magistratura e delle forze dell’ordine, la vigilanza della società e l’impegno delle istituzioni.
È necessario educare i giovani affinché vengano promossi valori come la solidarietà, la giustizia, l’onestà, principi di cui i mafiosi ne negano l’esistenza. Il ricordo di icone come Falcone e Borsellino dovrebbe essere custodito gelosamente nella memoria di tutte le epoche, indistintamente dagli eventi che caratterizzeranno le generazioni future.
Tutto ciò affinché il suo sguardo rassicurante e il suo sorriso accompagni chiunque compia una buona azione, un nobile gesto per portare avanti la sua lezione di vita e di legalità