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Giorno della Memoria: per non dimenticare

Domenico Modola di Domenico Modola
27 Gennaio 2022
in Culture resistenti, L'altro mondo possibile
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Giorno della Memoria: per non dimenticare
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Era il 27 gennaio del 1945 quando le truppe dell’Armata Rossa, entrarono ad Auschwitz e portarono allo scoperto l’orrore dei lager. Davanti agli occhi dei soldati russi, decine di persone scheletriche, rasate e mal vestite. Più in là centinaia di cadaveri ammucchiati in un angolo, pronti per il forno crematorio. Quello scenario, pressochè uguale in tutti i campi di concetramento nazisti, venne fotografato e ripreso; in poco tempo tutto il mondo seppe di cosa era stato capace l’odio razzista: un genocidio sistematico, tanto ragionato quanto brutale. In quei lager i prigionieri erano ebrei, ma anche oppositori politici, omosessuali e rom. Quel tragico periodo, iniziato nel 1939 e terminato nel 1945, prende il nome di Shoah per gli ebrei, o Porrajmos per i rom; due termini che indicano la stessa cosa: catastrofe, devastazione. Per ricordare quella catastrofe, il 27 gennaio si celebra il Giorno della Memoria, per ricordare i lager vecchi e nuovi, perchè quanto accaduto non accada più.

Come nasce l’odio razziale

Le teorie sulla superiorità della razza ariana, diffuse da Hitler mediante il Mein Kampf, diedero vita ad una discriminazione senza pari nei confronti degli ebrei. Una tattica perpetuata da secoli: quando una nazione ha dei problemi, basta incolpare una minoranza. Venne messa in piedi una campagna discriminatoria, partendo dalle caricature che prendevano in giro le fattezze tipiche degli ebrei, passando per presunti esperti di fisiognomica e presunti economisti. In breve, il governo nazista tedesco, mirava all’eliminazione degli ebrei.Tutto iniziò con le leggi razziali; vennero presi di mira gli ebrei e le minoranze, prima perfettamente integrate nel tessuto sociale europeo. venne impedito loro l’accesso agli uffici pubblici, al lavoro, a scuola ed ai luoghi ricreativi. Poi, vennero realizzati i ghetti: a Varsavia, come a Praga, ma anche a Roma: gli ebrei vennero confinati in determinati quartieri, da cui era impossibile uscire.

Dalla discriminazione ai lager

Hitler e i suoi, con l’aiuto dei fascisti italiani e di qualche altro governo connivente, pensarono poi alla “soluzione finale”: i lager appunto. Vennero spacciati per “campi di lavoro obbligatorio”, ma nei fatti furono dei veri e proprio campi di concentramento. Gli internati, ridotti in stato di schiavitù e sradicati dalla loro vita quotidiana, erano costretti a lavori pesanti, senza vestiti adeguati ai freddi inverni tedeschi e polacchi; l’alimentazione era del tutto insufficiente e le condizioni igienico-sanitarie erano inesistenti. Dormivano su delle assi di legno, in grosse camerate e con indosso sempre gli stessi abiti leggeri. In genere la speranza di vita nei lager era di un paio di mesi al massimo, ma quelli meno fortunati venivano selezionati all’arrivo e condotti alla morte nelle camere a gas.

L’orrore nazista

I prigionieri erano ebrei, ma anche oppositori politici, rom, disabili, omosessuali, neri europei. Insomma tutto ciò che non era ariano finiva in un lager. Nei lager si moriva per il troppo lavoro, per il freddo, per la fame, ma anche sulla base di una selezione fatta all’arrivo: i vecchi venivano mandati direttamente a morte, mentre i bambini talvolta venivano usati per degli esperimenti perversi. In alcuni lager infatti, c’erano anche dei medici, chiamati apposta per sperimentare alcune teorie sui bambini. In particolare, la perversione nazista puntava ai gemelli: si tentava di studiare quale fosse il codice genetico che permette i parti gemellari; d’altronde l’ossessione di Hitler era avere un esercito numeroso, ed i gemelli potevano aiutare in questo. L’orrore nazista mostrò tutto il suo sadismo in quegli anni, dando vita ad assassinii veri e propri, in maniera indiscriminata.

La scoperta ed il ricordo

Ciò che sbalordisce non è tanto la violenza che venne perpetrata, ma la sistematicità delle pratiche: ogni prigioniero veniva registrato scrupolosamente, così come gli esperimenti e i meccanismi per procurare la morte. Tutto era frutto di un freddo calcolo per lo sterminio. Il genocidio terminò con l’arrivo delle forze di liberazione sovietiche, le quali scoprirono una cospicua parte dell’orrore nazista dei lager. Infatti, le SS, in vista dell’arrivo dei russi, bruciarono interi faldoni contenenti dati, registri ed annotazioni, bruciarono cadaveri e uccisero quanti più internati potevano: avevano bisogno di cancellare le tracce. Ad ogni modo il 27 gennaio 1945 si concluse una delle pagine più brutte della storia; i sopravvissuti portano sulla pelle i segni di quel periodo e nella mente, dei ricordi indelebili. Il ricordo di quei momenti serva affinchè non si ripeta più. Da qui il Giorno della Memoria.

Mai più lager

Il Giorno della Memoria serve a questo: ricordare l’orrore nazista, ricordare i 6 milioni di prigionieri uccisi, ma è anche un monito: mai più lager. Dopo la Seconda Guerra Mondiale sono nate le organizzazioni internazionali, e teoricamente, gli stati sono stati concordi nel riconoscimento dei diritti umani. Tuttavia, gli stessi stati ratificatori, hanno più volte dato vita ad atteggiamenti contraddittori. Mai più lager dicevano, ma furono i francesi ad applicare lo stesso criterio nei confronti degli algerini quando questi, lottavano per l’indipendenza; era il 1962, non erano passati nemmeno 20 anni da Auschwitz. Gli stessi russi, liberatori dei lager tedeschi, nei loro confini avevano i gulag, campi di concentramento enormi in cui venivano confinati i prigionieri politici.

Sono finiti i lager?

Purtroppo non sono finiti i lager. I mezzi di costrizione con cui una popolazione imprigiona, annichilisce l’altra, sono ancora presenti eccome. In alcuni casi il lager di oggi è un luogo fisico: una prigione, un casolare, un campo di concetramento. Molti lager ad esempio si trovano in Libia; centinaia, forse migliaia di migranti partiti da vari paesi, vengono raccattati dalle bande criminali libiche e rinchiusi in questi veri e propri centri di detenzione, con il tacito benestare delle truppe regolari libiche. Qui vengono torturati, abusati e costretti a lavori forzati, oppure venduti come schiavi. In tutti i casi si tratta di veri e propri ostaggi, in quanto per la loro libertà, ed affinchè venga concesso loro di poter proseguire il viaggio verso l’Europa, vengono richiesti dei riscatti alle famiglie d’origine. Altri campi di concentramento, molto simili a quelli tedeschi, si troverebbero in Cina, nello Xinjang, dove il governo di Pechino starebbe rinchiudendo a forza tutti gli uiguri, una minoranza di religione musulmana. Il condizionale è d’obbligo perchè dalla Cina, non arrivano informazioni in merito. In altri casi, il lager di questo secolo non ha le recenzioni, ma è fatto comunque di segregazione e annichilimento; è questo il caso che riguarda i palestinesi, i curdi e i rohingya di Birmania, ultima popolazione costretta ad una diaspora che ricorda quella degli ebrei. Il Giorno della Memoria, serve a non dimenticare nemmeno loro.

Tags: giorno della memoriaImpronte socialikurdistanlagerlibiapalestinashoah
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