Desideri, speranze, sogni.
Vite affidate a 4 doghe di legno, un motore e una bussola.
Piccoli e grandi equipaggi di sognatori naufragati nel semplice desiderio di poter vivere in modo più dignitoso.
Sognatori intrepidi che hanno cercato di ribellarsi al loro destino, determinato dal luogo di nascita e dai confini ad esso imposti.
Confini spesso invalicabili quanto ingiusti.
Questo cimitero delle barche porta il nome di tutti coloro che ad esse hanno affidato il proprio futuro, la propria vita.
Partiti per venire da noi che abbiamo acqua corrente, luce, auto in garage e bagno in camera.
Partiti per venire da noi che abbiamo ospedali, scuole, lavoro e DEMOCRAZIA.
Da noi che abbiamo le ferie, il cinema, lo spritz e i week-end in discoteca.
E troppo spesso morti. Morti inseguendo il sogno che noi stiamo già vivendo e che già non ci basta più.
Allo stesso modo anche noi partiamo, spendendo molto meno e viaggiando comodi, sicuri e veloci con le low-cost.
E molte volte ci lamentiamo delle lunghe attese per i controlli, dei ritardi e del traffico.
Noi con le nostre app, con i passaporti elettronici e tablet al seguito.
Noi che non potremmo mai neanche immaginare di affidarci a quelle 4 doghe di legno.
Noi che il benessere ci è dovuto, come la dignità, dalla nostra costituzione che ci da il diritto di vivere, studiare e curarci solo perchè siamo nati qui, nella parte “fortunata” del pianeta.
Noi ci siamo nati e loro no! E’ questione di fortuna, di nazionalità, di Razza!
Ma che razza è la nostra?! Una razza di meritevoli?
Che merito abbiamo noi, singolarmente?
Cosa credi di aver fatto per meritarti il tuo benessere?
La risposta è: NIENTE.
Nessuno di noi ha fatto niente per nascere quì.
Ed ora chiediti: Che colpe hanno singolarmente le persone che tentano di cambiare la propria vita?
La risposta è sempre la stessa: NIENTE.
Il dramma non sono le persone che migrano perchè nessuno dovrebbe avere l’obbligo di dimora.
Il dramma sono i confini, sono i muri che noi fortunati mettiamo per tenerci stretta la nostra fortuna.
Sapete come si chiama questo? Si chiama EGOISMO.
Si criminalizzano le persone quando i veri crimini sono l’abuso della circolazione delle merci e la depredazione delle risorse dai Paesi più poveri.
Esistono luoghi in cui si lavora 60 ore a settimana per 40 euro al mese, dove il prodotto di quel lavoro viene acquistato dalle aziende dei paesi ricchi per pochi euro e viene rivenduto a costi quintuplicati.
E sapete a vantaggio di chi torna tutto ciò? Al nostro, a chi vive nel lato fortunato del pianeta.
Se non si spezza questa catena, se non ci apriamo al mondo intero non saremo più soltanto fortunati ma diventeremo COMPLICI della ingiustizia che tiene al suo servizo come schiavi gli abitanti del mondo al di la delle nostre barricate.
E allora insieme a quelle 4 doghe di legno non si infrangeranno solo i sogni di chi si è imbarcato ma anche la speranza di un mondo migliore che possiamo ancora costruire tutti insieme.
Nova Koinè – Lampedusa Ottobre 2019