La Camera dei Deputati ha approvato, in data 16 luglio il rifinanziamento delle missioni militari internazionali, pacchetto in cui rientra anche una quota destinata alla Libia e ad i suoi centri di detenzione di migranti. Su questa approvazione, la maggioranza PD-Movimento 5 Stelle, è apparsa divisa, tanto che il via libera al finanziamento è stato possibile con i voti del centro-destra. Il disaccordo in maggioranza nasce proprio sui fondi per la missione libica: 58 milioni di euro, di cui 10 destinati all’assistenza e all’addestramento della famigerata Guardia Costiera Libica. In questo contesto, il primo aspetto da sottolineare è l’aumento considerevole di fondi che l’Italia sta utilizzando per questa missione. L’Italia ha incrementato, fino a 22 milioni di euro, la quota destinata proprio alla sorveglianza delle coste del paese nordafricano. Tutto questo potrebbe sembrare rientrante in una politica di cooperazione e sviluppo, se non fosse per il fatto che, numerose inchieste giornalistiche di tutto il mondo ed altrettante indagini delle Nazioni Unite, hanno chiaramente dimostrato che la Guardia costiera libica, sia di fatto gestita dalle milizie che, da anni, speculano con il traffico di esseri umani. Le stesse milizie che detengono il proficuo mercato della tratta dei migranti, imprigionati in centri di detenzione e sottoposti a violenze, torture, abusi e violazioni dei diritti fondamentali. Una Guardia Costiera di dubbia affidabilità, dunque, che assume l’incarico di pattugliare circa 600 chilometri di costa libica, con l’intento di fermare le imbarcazioni dei migranti che intendono raggiungere l’Europa. Questo sulla carta. La verità è che i miliziani sulle navi, non esitano a speronare le suddette imbarcazioni, a simulare incidenti e talvolta anche ad aprire il fuoco contro persone inermi, migranti o soccorritori.
In sostanza quindi, l’Italia sta finanziando un sistema criminale, posto in essere proprio grazie ai cospicui finanziamenti delle grandi potenze estere. Pur di arginare il fenomeno degli sbarchi, almeno agli occhi dell’opinione pubblica, si preferisce elargire quantità ingenti di denaro pubblico alle milizie, le quali detengono i migranti, in condizioni disumane e di cui, sempre più spesso, si perdono le tracce. A ciò bisogna aggiungere che, appena un mese fa, la deputata di Leu Rossella Muroni, ha presentato un’interrogazione ai ministri Guerini, Di Maio e Lamorgese ed al presidente Conte. Oggetto dell’interrogazione è stata una segnalazione dell’Onu, che denunciava la scomparsa di 1.700 persone dal sistema dei lager libici. In un sistema così complicato è difficile fare un calcolo estremamente preciso in merito al numero effettivo di migranti detenuti in Libia. Tuttavia l’Onu basa il dato estrapolato, sui respingimenti fatti dalla Guardia Costiera libica, 3115 persone; peccato che nei centri di detenzione “ufficiali” risultino solo 1400 migranti. A questo punto è lecito interrogarsi ed interrogare in merito alla sorte di altre 1700 persone di cui si sono perse le tracce.
Le sparizioni sembrano essere all’ordine del giorno in un paese come la Libia, vessato da lotte interne, caos politico ed ingerenze straniere. Le uniche notizie in merito agli scomparsi, ci pervengono solo dai migranti che riescono ad arrivare in Europa ed interagire con gli attivisti ed i soccorritori. Dalle testimonianze emerge un quadro non piacevole: esistono decine di centri di detenzione non ufficiali, dove, se possibile, le condizioni in cui vengono tenuti i migranti è ancora peggiore. Altre testimonianze parlano di centinaia di persone ridotte in schiavitù e tante altre arruolate a forza nelle milizie, in prima linea negli scontri armati. La presenza dei centri non ufficiali sembra fare comodo, specie alla comunità internazionale. In questi luoghi, ufficialmente inesistenti, i migranti sono occultati e, di fatto, dimenticati. Queste sono solo alcune delle vicende estrapolate dalle testimonianze di alcuni migranti, quelli che in qualche modo sono riusciti a raggiungere l’Europa, portando la voce e la storia di chi non ce l’ha fatta.
Non solo le testimonianze dei migranti, ma anche Amnesty International, le Nazioni Unite e le varie Ong impegnate nel soccorso nel Mar Mediterraneo, ci mostrano da anni, un sistema di detenzione disumano e contrario ad ogni logica civile, se si pensa che è ampiamente finanziato da potenze estere come l’Italia. In questi centri le torture, le violenze e gli stupri, sembrano essere sistematici. Così come sembra essere sistematica l’assenza di qualsivoglia garanzia d’igiene personale. Le persone detenute vivono ammassate ed esposte a patologie che, se non curate, risultano fatali. In questi veri e propri lager, ad esempio, si muore per tubercolosi, ma anche di infezioni causate dalle ferite non curate, ed oggi, imperversa la paura per il Covid-19. Dato il contesto libico, un nuovo stanziamento di fondi da parte del nostro paese, induce a pensare ad una vera e propria complicità, nella gestione criminale del fenomeno migratorio.
Sembra proprio che l’intento principale del governo italiano sia quello di tenere a bada l’opinione pubblica, arginando sul nascere il fenomeno degli sbarchi sulle nostre coste. Poco importa poi, se questo comporta il fornire linfa vitale a bande di criminali più o meno ufficiali, che si occupano di torturare, uccidere e ridurre in schiavitù migliaia di persone, titolari dei nostri stessi diritti. Nonostante la fuoriuscita della Lega dalla maggioranza di governo e l’ingresso del PD, nulla è stato fatto per cambiare le carte in tavola e dare una svolta all’azione governativa sul piano dell’emergenza umanitaria. Nulla poi, sembra essere in programma in termini di soccorso in mare per i barconi che, quotidianamente partono dalle coste del Maghreb. Si continua a morire in mare quindi, con lo sguardo distratto dell’Italia e dell’Europa. Oggi, le condizioni di vita dei migranti in Libia è ampiamente noto e denunciato, così come altrettanto noto è l’impressionante numero di naufragi delle imbarcazioni che tentano di raggiungere l’Europa. Preso atto di una consapevolezza che le autorità non possono non avere, stanziare fondi per consentire il perseverare di questo sistema, anziché adoperarsi per l’istituzione di corridoi umanitari, equivale ad una piena ammissione di colpevolezza. Una colpevolezza piena e consapevole.
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