La notizia è giunta ieri: 130 migranti morti a largo della Libia a causa di un naufragio. I migranti viaggiavano su un gommone che si dirigeva verso l’Italia, ma al momento del naufragio, non avevano ancora lasciato la zona Sar libica. Inutili sono stati poi i tentativi di soccorso da parte di ONG come Sos Mediterranee. L’organizzazione è giunta con la sua imbarcazione Ocean Viking e con il supporto di tre navi mercantili, ma purtroppo non c’è stato nulla da fare. L’ennesima strage del mare si è compiuta e bisognerebbe porre un freno a questa immane tragedia. I soccorritori hanno infatti dichiarato di aver navigato letteralmente in mezzo ai cadaveri, senza possibilità di salvarne nessuno. I migranti deceduti sarebbero 130, ma potrebbero essere anche di più.
L’ennesima strage di migranti: i fatti
Un gommone grigio, anzi, il suo relitto; qualche decina di cadaveri a galla e davvero null’altro. Questo è lo scenario raccapricciante che si è presentato agli occhi dei soccorritori. Il gommone è solo una delle tre imbarcazioni che avevano richiesto aiuto tramite Alarm Phone, un centralino di soccorso organizzato da attivisti ed ONG. Quando le imbarcazioni hanno chiesto aiuto si trovavano ancora all’interno della zona Search and Rescue della Libia, pertanto, l’allarme è giunto anche alla guardia costiera di Tripoli, la quale però, l’ha letteralmente ignorata. Ad ogni modo, grazie a quella telefonata d’allarme, si è potuto risalire al numero di deceduti, anche se i corpi ritrovati per il momento, sono poche decine. L’Ocean Viking sta cercando tutti i corpi, ma non solo: una delle tre imbarcazioni succitate, risulta dispersa da mercoledì, e si teme il peggio. La terza imbarcazione invece è stata bloccata dalle autorità libiche ed è tornata indietro.
Assenza dei soccorsi
Sulla nuova tremenda tragedia del mare, fioccano le polemiche. Le ONG denunciano l’assenza volontaria dei soccorsi ed il solito scaricabarile tra le autorità. Dalle prime indiscrezioni infatti, sembra che la richiesta di soccorso sia stata percepita anche a Roma, al centro di ricerca e soccorso, laddove gli addetti hanno provveduto a comunicare l’allarme alla Libia. Purtroppo sappiamo che a Tripoli, quell’allarme è stato ignorato. Secondo l’accusa lanciata dalle ONG anche Frontex, agenzia europea di soccorso in mare, che perlustra con gli aerei l’area indicata, non poteva non sapere della tragedia. Sostanzialmente l’allarme di Alarm Phone è stato rimpallato tra le autorità informate, e ne erano molte: Italia, Malta, guardia costiera libica. Sulla responsabilità di sobbarcarsi i soccorsi, questi paesi hanno preferito soprassedere e voltarsi, ancora una volta, dall’altra parte.
Di chi sono le responsabilità
Questa strage di migranti si poteva evitare. Così come se ne potevano evitare tante altre avvenute negli anni passati. Il Mar Mediterraneo è il luogo in cui hanno trovato la morte migliaia di migranti. Le cifre sono impressionanti. Altrettanto impressionante però è l’indifferenza che cala su questi morti, appena dopo un pizzico di attenzione mediatica. Secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, questa strage era evitabile, e si è verificata semplicemente perché gli stati si sono rifiutati di agire. La vicenda poi, non è passata inosservata, ed ha raggiunto finanche i vertici ONU, i quali chiederanno delucidazioni in merito al futuro del soccorso in mare, quella fantomatica eredità europea, che non ha fatto altro che eliminare progressivamente i mezzi di soccorso dal Mediterraneo. La verità è proprio questa. Negli anni si è assistito ad una progressiva riduzione della presenza italiana, ma anche europea nelle zone interessate dalle rotte dei migranti. Dopo Mare Nostrum, si è dato vita a Triton e poi Themis e Sophia, tutte operazioni di soccorso, ma con meno navi e più monitoraggio a distanza. Un cambio di passo che simboleggia la volontà dei singoli paesi europei di non curarsi del problema migranti.
Basta con le tragedie del mare
Lo scaricabarile sulle responsabilità della vicenda assume toni squallidi. Alarm Phone accusa Frontex, la quale accusa Italia e Malta, che a loro volta spingono le accuse verso la Libia. Sta di fatto che tutti sapevano, ma nessuno ha fatto nulla. E la tragedia c’è stata. Sarebbe il momento di dire basta. Anche perché, tragedie simili non sono rare e si teme che, con l’arrivo della bella stagione, possano riprendere i viaggi della disperazione in imbarcazioni di fortuna, con nuove tragedie. Per limitare al minimo il rischio di nuove perdite di vite umane, innanzitutto bisognerebbe cominciare a considerare i migranti come esseri umani e non come merce da rispedire al mittente. Andrebbe poi riconsiderato l’atteggiamento europeo nei confronti delle autorità libiche, e qui impensierisce molto l’attestato di stima mosso dal premier Mario Draghi al governo di Tripoli. Infine andrebbe riconsiderato l’intero discorso di soccorso in mare. L’istituzione di corridoi umanitari per far giungere i migranti in sicurezza in luoghi sicuri è l’unica strada sicura ed umana percorribile. Peccato che l’Unione Europea si muova in senso contrario. Ed i migranti ne pagano le conseguenze.