Il 10 dicembre 1948, l’Assemblea delle Nazioni Unite, riunitasi a Parigi proclamò la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e, di conseguenza, fu proclamata la Giornata Mondiale dei Diritti Umani. La Seconda Guerra Mondiale era finita da poco, lasciando dietro di sè un pesantissimo conto in termini di vite umane spezzate. Gli orrori dell’Olocausto erano venuti allo scoperto e le colonie africane ed asiatiche pagavano le spese di un conflitto in cui erano state trascinate contro la loro volontà. Dato il contesto quindi, l’opinione pubblica e i governi dei 58 paesi che all’epoca facevano parte dell’ONU, furono concordi che bisognava impegnarsi, affinchè le guerre, i genocidi e le devastazioni, non avessero più a ripetersi.
I paesi dell’ONU che realizzarono il documento, cercavano sicuramente riscatto. Tra questi figuravano alcuni tra i più grandi protagonisti del conflitto mondiale, tra cui Stati Uniti ed Unione Sovietica. Ad ogni modo, in fase assembleare, i paesi fecero confluire principi importanti di tutela e di rispetto dei diritti, si misero sul tavolo importanti libertà, fino ad allora violate. Fu redatta la Dichiarazione quindi; un elenco di 30 articoli nati con la speranza di cambiare il mondo, o quantomeno di fare la differenza per la vita di milioni di persone. Concetti come democrazia, tolleranza, rispetto della diversità, libertà e dignità umana cominciarono ad avere una dimensione più ampia. Dimensione che si è ampliata negli anni, con l’ingresso della quasi totalità degli stati del mondo nelle Nazioni Unite.
Ma cosa contengono questi 30 articoli? Diritti fondamentali, inviolabili; principi di uguaglianza e dignità per promuovere la pace nel mondo. Nella Dichiarazione c’è scritto che Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza (Art.1); ad ogni individuo sono riconosciuti diritti e libertà, senza distinzione di sesso, razza, religione, ideologia (Art.2); vi è il diritto alla vita (Art.3); il divieto di porre qualcuno in stato di schiavitù (Art.4); il divieto di porre in essere trattamenti inumani e degradanti (Art.5). Ampia menzione è fatta poi al diritto ad un giusto processo (Artt. 10-11), diritto di asilo (Art.14), libertà di espressione (Art.18), diritti politici e sociali (Artt. 21-22), diritto al lavoro (Art.23), diritto all’istruzione (Art. 26). Insomma, un’ampia gamma di diritti, che comprendono tutto il vivere sociale, pensati sulla base di quanto avvenuto in passato, con la sistematica violazione degli stessi, ma dalla quale, sembra, nulla si sia appreso e la Giornata Mondiale dei Diritti Umani, in questo contesto, si impone come monito.
Un’insieme di valori e di diritti, che, nelle intenzioni dell’Assemblea delle Nazioni Unite doveva essere diffusa il più possibile, perchè, la cosa sicura, era che gli orrori del passato non si sarebbero dovuti più ripetere. La storia purtroppo ci insegna che le cose non sono andate esattamente così. L’orrida pratica dei campi di concentramento si è ripetuta più volte da quel 1948, nonostante la dichiarazione. In Algeria ad opera dei Francesi per sedare la rivolta anticoloniale; nei gulag sovietici, retaggio della Russia zarista, ma utilizzati per eliminare nemici politici; negli Stati Uniti, in più occasioni, anche piuttosto recenti. La volontà di prevaricazione sul più debole, infatti, costituisce il primo importante ostacolo al riconoscimento della dignità umana come diritto inalienabile. Bisogna pensare poi, a dinamiche quali la Guerra Fredda e l’Apartheid in Sudafrica, hanno ostacolato la piena applicazione dei diritti. A questi, bisogna aggiungere gli aspetti contraddittori che hanno caratterizzato alcuni paesi, come ad esempio gli Stati Uniti, i quali, da un lato promuovevano i diritti umani e dall’altro non disdegnavano politiche discriminatorie nei confronti della comunità afroamericana.
Come se non bastasse, dal 1948 ad oggi non si contano i regimi dittatoriali in Africa, i governi fantoccio, i genocidi e le persecuzioni per motivi etnici, religiosi, politici, sessuali. La Dichiarazione dei Diritti Umani è valida per la quasi totalità degli stati, e le violazioni dei suoi articoli, interessano probabilmente tutti i paesi. Infatti, proprio in un momento come questo non si può non pensare a Giulio Regeni a cui è stato negato il diritto alla vita, assieme al diritto ad un giusto processo (artt. 3,5, 8,9,10,11 della Dichiarazione). Non si può non pensare anche a Patrick Zaki, ingiustamente detenuto nelle carceri egiziane, in un contesto tale, per cui, Dichiarazione alla mano, potremmo contare tutte le sistematiche violazioni. Anche l’Italia non è certo esente dalla violazione dei diritti. Anche nel nostro paese, i trattamenti inumani e degradanti a danno dei migranti, spesso per scellerate scelte politiche, costituiscono violazioni; il trattamento dei detenuti, la cui morte in carcere, ormai non è solo un fenomeno episodico. Se poi, nel novero dei diritti non garantiti ci inseriamo anche il mancato riconoscimento dei diritti dei lavoratori e di coloro che, un lavoro lo cercano disperatamente, si ottiene un quadro completo.
Questo per dire che nella Giornata Mondiale dei Diritti Umani, bisogna fermarsi a riflettere: non sono solo determinati paesi, cosiddetti in via di sviluppo, a violare sistematicamente una Dichiarazione di cui dovrebbero farsi promotori, ma anche quelle realtà che si ergono a faro della democrazia e della libertà. Una su tutti, gli Stati Uniti, dove un poliziotto è ancora oggi libero di uccidere barbaramente un uomo solo per motivi razziali, e di cavarsela con pochi giorni di detenzione, da cui può uscire su cauzione. Il ricordo di George Floyd è ancora vivo, assieme a quello degli oltre mille afroamericani che, secondo le statistiche, vengono uccisi ogni anno. Tutto ciò, assieme ad una prassi discriminatoria che, favorisce inevitabilmente i bianchi americani a discapito di ispanici ed afroamericani, fa parte delle violazioni dei diritti e delle rivendicazioni del movimento Black Lives Matter.
Insomma c’è molto da fare. La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo è un documento bello, prezioso, valido; ma che ancora oggi fatica a trovare piena applicazione. La Giornata Mondiale dei Diritti Umani è ancora un momento di lotta, in primo luogo contro l’ipocrisia dei governi firmatari, ma che poi, nel concreto, continuano a marciare in direzione opposta. Il riconoscimento dei diritti è oggi una lotta che viene promossa nel mondo, dai comitati, dalle associazioni, dalle cooperative e dalle organizzazioni non governative. Partire dal basso, da dove c’è quotidiana necessità di diritti riconosciuti, significa costruire la base di partenza per un vero mondo dei diritti. Perchè, gli stati che scrissero la Dichiarazione nel 1948 avevano ragione su una cosa: gli orrori della guerra e dell’Olocausto non dovranno più ripetersi. Ad oggi, però, con maggiore consapevolezza, ci si rende conto che, per raggiungere quel traguardo, si deve ancora lottare molto, e solo dalla base, dalla gente comune, possono venire le rivendicazioni migliori