A cura di Marco Natale
Il 7 ottobre ha rappresentato una giornata di alto valore simbolico per la memoria civile del Sannio e per la riflessione contemporanea sulle dinamiche socio-politiche della legalità. In tale occasione, Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera – Associazioni, nomi e numeri contro le mafie, ha partecipato a un doppio appuntamento di approfondimento e testimonianza dedicato alla figura di Angelo Mario Biscardi, vicesindaco di Sant’Agata de’ Goti, assassinato dalla camorra il 3 ottobre 1985.
A quarant’anni da quell’evento, la ricorrenza non si è limitata a una commemorazione rituale, ma ha incarnato un processo di elaborazione collettiva della memoria, trasformandola in pratica civica, dialogo e consapevolezza sociale. Le due tappe della giornata (la mattinata con gli studenti e il confronto pomeridiano con autorità e cittadini) hanno reso tangibile la capacità di una comunità di riconoscere nella memoria un dispositivo di costruzione democratica e di rigenerazione etica.
Nel Duomo di Sant’Agata de’ Goti, gremito di studenti dell’I.C. A. Oriani e di una rappresentanza dell’I.S. De Liguori, si è svolta la prima parte dell’incontro. Don Ciotti, attraverso una retorica pedagogica fondata sulla concretezza, ha proposto una riflessione sull’idea di legalità come pratica quotidiana e non come concetto astratto. Ha definito la figura di Biscardi «uno scoglio difficile da superare», ossia un individuo che, opponendosi ai sistemi clientelari e corruttivi, ha incarnato un paradigma di resistenza morale.
Il linguaggio di Don Ciotti, volutamente accessibile ma semanticamente denso, ha favorito un processo di immedesimazione e partecipazione negli studenti, trasformando l’aula ecclesiastica in uno spazio formativo di cittadinanza attiva. Il momento conclusivo, segnato dalla consegna di elaborati e pensieri da parte dei ragazzi, ha rappresentato un gesto performativo di appropriazione simbolica della memoria: un atto di restituzione che testimonia come la trasmissione dei valori civici passi attraverso la corporeità del gesto e l’emozione condivisa.
La seconda parte della giornata si è svolta presso la Fattoria Sociale Melagrana di Dugenta, luogo emblematico di inclusione socio-lavorativa e di sperimentazione di pratiche comunitarie. Qui Don Ciotti ha incontrato operatori, soci e beneficiari della Cooperativa Sociale Koinè, immergendosi in un contesto dove il lavoro agricolo e quello educativo si fondono in un’unica grammatica di cura.
Il pranzo condiviso, preparato dal ristorante Koinè Soul Food, si è configurato come un momento di interazione dialogica più che conviviale: un’esperienza di reciprocità affettiva e riflessiva, in cui narrazione e ascolto si sono alternati in un equilibrio dinamico.
La successiva passeggiata nella Fattoria ha offerto l’occasione per un contatto diretto con i progetti di agricoltura sociale, generando una riflessione sulla dimensione ecologica della giustizia: un richiamo al legame tra etica, ambiente e diritti, sempre più centrale nei modelli di welfare territoriale contemporaneo.
Nel pomeriggio, il Duomo di Sant’Agata ha nuovamente accolto cittadini, rappresentanti istituzionali e familiari delle vittime di mafia per l’incontro intitolato «Ci sono verità che camminano per le strade delle nostre città». Dopo i saluti introduttivi e l’intervento di Michele Martino, coordinatore di Libera Benevento, il confronto si è sviluppato tra tre voci complementari: Don Luigi Ciotti, Federico Cafiero De Raho (già Procuratore Nazionale Antimafia) e Toni Mira, giornalista di Avvenire.
La discussione ha assunto i tratti di una lectio civitatis, un esercizio collettivo di analisi dei meccanismi di responsabilità sociale e delle derive culturali dell’indifferenza. Don Ciotti ha sottolineato la necessità di concepire la speranza non come emozione ma come prassi trasformativa, un «lavoro quotidiano» che si costruisce nella fatica delle relazioni. De Raho, dal canto suo, ha evidenziato la funzione pedagogica della giustizia coerente, fondata sulla credibilità delle azioni e sull’esemplarità etica. Mira ha tessuto il filo narrativo tra testimonianza e giornalismo d’impegno, proponendo una riflessione sulla memoria come dispositivo narrativo della verità pubblica.
L’atmosfera dell’incontro ha reso percepibile la densità emotiva e cognitiva del momento. Le immagini dei familiari, gli sguardi dei cittadini attenti, il silenzio partecipe del pubblico hanno contribuito a un’esperienza collettiva di riappropriazione simbolica del concetto di giustizia come bene comune.
Nelle sue parole finali, Don Ciotti ha affermato: «La memoria cammina tra noi. Le famiglie delle vittime vivono i luoghi, gli spazi. La memoria è parte integrante della nostra società, e deve essere preservata». Tale enunciato, lungi dal configurarsi come una formula commemorativa, si traduce in un paradigma epistemico della memoria: essa è movimento, relazione, costruzione continua.
Il 7 ottobre, nel Sannio, la memoria ha effettivamente camminato: ha attraversato le scuole, le istituzioni, le cooperative, sedimentandosi nei gesti e negli sguardi. Nell’esperienza concreta della Fattoria Sociale e nel dibattito civile del pomeriggio, essa si è manifestata come infrastruttura etica capace di sostenere la coesione democratica.
In questa prospettiva, il lascito di Don Luigi Ciotti non risiede solo nelle parole pronunciate, ma nell’aver attivato un processo riflessivo che interroga la responsabilità individuale e collettiva. È una pedagogia civile che invita studiosi, operatori sociali e cittadini a considerare la memoria non come archivio del passato, ma come dispositivo generativo del futuro.










