Quella contro l’inquinamento è una sfida globale: il Giappone, nonostante l’alto livello di industrializzazione, è riuscito a ridurre l’inquinamento grazie a severe politiche ambientali e all’utilizzo di energie pulite. La mobilità sociale: risorsa preziosa per il futuro del Paese.
Per la rubrica delle notizie dal Mondo, riceviamo e pubblichiamo, l’articolo a cura di Chiara Quaranta.
Anche il Giappone, come tutti i paesi industrializzati, ha dovuto fare i conti con i livelli di inquinamento che, a seconda del periodo storico, sono stati estremamente alti tanto da causare numerosi problemi di salute alla popolazione. Il governo giapponese e la comunità non sono rimasti indifferenti di fronte alla situazione di emergenza infatti ci sono state mobilitazioni e sono state varate leggi con lo scopo di tutelare la salute pubblica e la conservazione ambientale.
Compensare la crescita economica e i problemi che derivano da essa è ancora oggi una sfida che tutti i Paesi industrializzati stanno affrontando.
Panoramica storica dell’industrializzazione giapponese
I problemi ambientali sono iniziati con l’industrializzazione del Paese, avvenuta nel cosiddetto periodo Meiji, periodo compreso tra il 1868 e il 1912, durante il quale vennero costruite infrastrutture moderne (ferrovie, telegrafi), industrie navali, impianti siderurgici e industrie tessili, settori che hanno avuto un ruolo chiave nel passaggio da un Paese prettamente agricolo ad uno industrializzato.
Successivamente, con l’ascesa del militarismo e dell’espansionismo giapponese, si assiste allo sviluppo dell’industria bellica che vedrà la sua fine con la sconfitta del Paese nella Seconda Guerra Mondiale.
In seguito alla smilitarizzazione, il Giappone attraversa un periodo di “miracolo economico”: gli anni ‘50 e ‘60 furono anni di rinascita economica e sociale grazie soprattutto agli aiuti economici degli Stati Uniti. Le industrie trainanti erano quelle automobilistica, elettronica e delle tecnologie avanzate. Il prezzo da pagare per questo “miracolo” è stato un innalzamento non indifferente dei livelli di inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo.
Riforme politiche dagli anni ‘60 ad oggi
Durante gli anni ‘60 il governo giapponese, così come l’intera comunità internazionale, iniziò un percorso di consapevolezza sugli effetti dannosi che l’inquinamento aveva sulla salute delle persone e sull’ambiente. Furono varate varie leggi a seguito delle proteste e delle pressioni esercitate sul governo da parte dei movimenti sociali, soprattutto dopo la conferma che diverse malattie e morbi, come il Morbo di Minamata causata dal mercurio, avvelenamenti da cadmio (Malattia “itai-itai”) e da arsenico, l’”Asma di Yokkaichi”, malattia delle vie respiratorie provocata da ossido di zolfo rilasciato dalla combustione di petrolio, si stavano diffondendo tra la popolazione che viveva nei pressi delle industrie. Il governo giapponese ha quindi sviluppato un quadro normativo dettagliato con lo scopo di prevenire e punire lo sversamento di sostanze inquinanti nelle acque e nell’atmosfera.
Si può affermare che l’attuale situazione dell’inquinamento in Giappone è il risultato di decenni di politiche ambientali e regolamentazioni mirate a ridurre i danni.
Movimenti sociali ecologisti
Se oggi il Giappone è considerato uno dei Paesi industrializzati più “puliti” (96° su 134 Paesi nella classifica dei paesi e delle regioni più inquinate in base alla concentrazione media annua di PM 2,5) è anche grazie all’impegno dei movimenti sociali ecologisti.
Già negli anni ‘60 e ‘70 i cittadini si mobilitarono a seguito dei seri problemi di inquinamento che il Giappone si era trovato ad affrontare a causa della sua rapida industrializzazione. I primi movimenti organizzavano proteste, cause legali e campagne di sensibilizzazione soprattutto sul tema della salute a fronte delle recenti scoperte sulle malattie legate all’inquinamento (morbo Minamata, ecc.). Nei decenni successivi si assiste alla nascita di nuove organizzazioni ambientaliste che miravano a questioni come la salvaguardia delle foreste, al riciclaggio dei rifiuti, la protezione delle biodiversità fino ad arrivare alle proteste contro l’energia nucleare che aveva destato non pochi timori nella società soprattutto dopo l’incidente di Fukushima nel 2011.
Le sfide attuali
Recentemente l’impegno del governo sul piano ambientale riguarda molti campi: la riduzione delle emissioni di CO2, la neutralità carbonica entro il 2050, la transizione verso le energie rinnovabili e, quindi, riduzione dell’energia nucleare, incrementare l’economia circolare e migliorare il riciclaggio dei rifiuti, riduzione dell’utilizzo di plastica monouso, adottare misure più severe per la gestione delle storie nucleari, la protezione delle biodiversità. Questi sono solo alcuni degli obiettivi presenti nell’agenda giapponese e dell’intera comunità internazionale.
il Giappone sta ottenendo ottimi risultati affrontando l’inquinamento attraverso una combinazione di politiche ambientali rigorose, innovazioni tecnologiche e impegni per la sostenibilità. Dobbiamo riconoscere che senza le forti pressioni ricevute dal governo da parte dei cittadini attraverso manifestazioni e cause legali, forse i risultati non sarebbero stati gli stessi. Sebbene i problemi di inquinamento siano ancora molti e alcune sfide sia ancora da affrontare, il Giappone dimostra di essere un esempio, non solo per i paesi in via di sviluppo del sud-est asiatico che si trovano nel bel mezzo del processo di industrializzazione, ma anche per molti Paesi europei che ancora non riescono a fare i conti le conseguenze di un alto livello di sviluppo industriale.
Bell’articolo, molto interessante!