Il legittimo dissenso degli studenti universitari: no agli accordi con gli atenei israeliani. No a chi fornisce armi a Israele.
In tutto il mondo ci sono migliaia di manifestazioni, scioperi e proteste in solidarietà con la Palestina, per chiedere ai governi di non appoggiare Israele e per chiedere un cessate il fuoco immediato.
In Italia, una grande fetta della mobilitazione la si deve agli studenti universitari. Decine di occupazioni, proteste e contestazioni dentro e fuori dagli atenei stanno movimentando questi giorni in sostegno della causa palestinese. A Napoli l’8 aprile è stato occupato il rettorato della Federico II, a Padova è stata occupata una sede dell’università il 16 aprile e scene simili si sono verificate nei principali poli universitari del paese. In città come Roma e Bologna però, le contestazioni legittime degli studenti sono state brutalmente represse dalle forze dell’ordine.
Ma cosa vogliono questi studenti?
Gli studenti stanno chiedendo una cosa molto semplice: che le loro università interrompano immediatamente gli accordi con le università israeliane, con le aziende israeliane e con l’italianissima Leonardo, azienda che fornisce velivoli militari a Israele per conto dell’Italia. Quella degli studenti universitari è una richiesta più che legittima: gli studenti hanno il diritto di lottare per l’università che vogliono, non solo perché pagano delle rette universitarie altissime, ma anche perché i luoghi del sapere e della conoscenza non possono e non devono essere a sostegno di conflitti armati e genocidi.
Il punto
Il punto è questo: come si può pensare di educare i nostri giovani ai valori della pace e della non violenza se poi si trovano a frequentare delle università che fanno partnership con uno stato illegittimo che sta compiendo crimini di guerra?
Tuttavia l’opinione di molti è diversa. La si legge nei commenti sotto ai video delle manifestazioni. Decine di invettive a danno degli studenti che, oltre al peso dei manganelli devono sorbirsi anche l’onta del fango sui social: “pensate a studiare”,” ai tempi miei o studiavi o prendevi in mano la zappa”, “non avete voglia di fare niente” Ecc.
All’università si va per studiare, certo. Ma cosa significa studiare? Studiare non significa solo imparare qualcosa che ti viene calato dall’alto; significa aprire la mente, significa avere la capacità di pensare con la propria testa, prendere un concetto e rielaborarlo, e soprattutto di dire “non sono d’accordo” motivando la contestazione. Studiare significa sapere quali sono gli strumenti democratici per mostrare dissenso, è le manifestazioni di protesta sono a tutti gli effetti uno strumento democratico. Il dissenso stesso è un valore della democrazia.
Le brutte reazioni
Più che altro c’è da constatare che in questi contesti non ci fa una bella figura lo stato, che di fronte alle proteste degli studenti mostra il suo lato più brutale pestandoli a sangue. Perché le manifestazioni, le contestazioni, ribadiamolo, parte integrante della vita democratica, vanno gestite e non represse con la violenza. Con queste mobilitazioni universitari, sono i giovani a dare ancora una volta a dare delle lezioni ai più grandi. Dimostrano ancora una volta di esserci e di essere in grado di reagire agli stimoli, di di manifestare il dissenso e di essere attivi socialmente. E se c’è una cosa che non si può contestare è proprio questa.