La Francia ed il mondo intero, sono stati scossi bruscamente ad ottobre, quando, due attentati in pochi giorni hanno fatto tornare viva la paura del terrorismo. Prima l’uccisione del professor Samuel Paty, docente di storia presso un liceo di Conflans-Sainte-Honorine, nei pressi di Parigi, Poi l’attentato alla Cattedrale di Nizza; in totale sono state 4 le vittime dell’odio e del terrore. Il professor Paty è stato ucciso da uno suo ex- studente di origine cecena, a cui era stato comunicato il fatto che, durante una lezione, il professore aveva mostrato agli alunni, alcune vignette satiriche pubblicate da Charlie Hebdo, che schernivano l’Islam ed il Profeta Muhammad. L’assassinio è stato eseguito come una vera e propria esecuzione, in quanto il Paty è stato decapitato in strada, in pieno giorno. A tale brutalità hanno fatto seguito le reazioni indignate da tutta l’Europa, ma anche del premier Macron, che ha deciso, da quel momento di inasprire maggiormente la lotta al radicalismo, ed alla religiosità della società francese.
È noto poi, l’aspro dibattito che lo stesso Macron ha avuto con il turco Erdogan, il quale, manifestando l’intenzione di ergersi a paladino dell’Islam, non avrebbe gradito, le esternazioni di Macron, e ancor meno, la vignetta irriverente di Charlie Hebdo a lui dedicata. Questo è quanto riportano abbondantemente le cronache di questi giorni. Reazioni più o meno dure, tra chi strumentalizza i fatti francesi, perché ogni occasione è buona per chiedere lo stop alle migrazioni e chi, invece, si interroga sulla satira, la sua funzione comunicativa, il suo “potere di lotta al potere” e sui limiti che la stessa modalità espressiva dovrebbe o non dovrebbe avere.
Sicuramente la questione è interessante e la riflessione è doverosa. Bisogna premettere però, che nulla, tantomeno una vignetta contraria ad un credo, un’ideologia, può giustificare l’uccisione di persone. Altra premessa è che, gli attentati, attribuibili ad un terrorismo, cosiddetto “islamista”, nulla hanno a che fare con l’Islam, confessione praticata pacificamente da persone che, a conti fatti, risultano le più danneggiate da questi attentati. Sia chiaro, la satira è un diritto che rientra appieno in quella che è la libertà di stampa, contemplata in molte delle costituzioni mondiali, nonché dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (art.10) e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino (art.11).
In Francia, il diritto alla libertà di espressione ed i limiti ad essa connessi, sono contenuti nella legge francese sulla libertà di stampa data 1881, modificata solo nel 2014. Secondo questa legge è lecito scrivere e pubblicare liberamente, ma con delle eccezioni:la diffamazione e l’ingiuria, o l’incitazione all’odio. Nel testo è prevista condanna particolare per “l’apologia dei reati contro la persona, dei crimini contro l’umanità, l’incitamento ad atti terroristici, la provocazione alla discriminazione nei confronti di persone in base a origine, etnia, nazionalità, razza, religione, orientamento sessuale, handicap”. A questo però, non fa seguito una precisa modalità sanzionatoria, quindi gli abusi, possono essere puniti, ma spetta comunque ad un giudice decidere se il limite previsto dalla legge è stato superato.
In molti casi, la giurisprudenza francese si è schierata a favore del diritto di satira, anche in funzione della libertà di eccedere. La stessa rivista Charlie Hebdo, è stata spesso portata in tribunale a causa delle sue vignette, che hanno come protagonisti elementi religiosi ed esponenti della società e della politica mondiale. La rivista conta oltre cinquanta processi a suo carico, di cui qualcuno ha avuto un esito positivo. Per questo motivo, appare chiaro che, la legislazione francese vieta l’incitazione all’odio contro i fedeli di una religione, vieta l’apologia di crimini contro l’umanità, ma non vieta, di fatto, il prendere in giro la religione.
La verità è che in un periodo come quello attuale, in cui le forme di espressione, creative ed artistiche sono già vessate da tagli alla cultura e da numerose ingerenze politiche, il dibattito su questa vicenda diventa prioritario. Le “vittime” delle vignette satiriche hanno avuto ad oggetto personaggi politici, disegnati in pose oscene; località distrutte da un sisma, paragonate a lasagne (Centro Italia); figure emblematiche e simboli religiosi, in atteggiamenti rasentanti la blasfemia. Spesso quindi, questi disegni straripano abbondantemente dagli argini del “politically correct”, ma questo non rappresenta una motivazione sufficiente per porre una limitazione al diritto di satira. Non va dimenticato che la satira è stata ed è, uno dei principali strumenti creativi con cui, si può combattere il potere costituito ed autoritario; la satira irride e schernisce, ed è sempre stata la forma espressiva più “fastidiosa” per dittature e capi di stato. Per questo, non basterà il terrorismo, che prende le vignette solo come un altro pretesto per fare ulteriori proseliti, perché la satira, oltre ad essere un diritto ed una modalità artistica, è un mezzo espressivo, con una funzione comunicativa tale, da creare prurito a personalità talvolta intoccabili.